Quando la masticazione o la deglutizione è un fattore innesco

Per le persone con una condizione che alcuni scienziati chiamano misofonia, i pasti possono essere una tortura. I suoni di persone che mangiano – masticazione, sgranocchia mento, salivazione, gorgoglio – gli possono far accendere un’istantanea, bollente rabbia.

O come Ada Siganoff ha specificato: “rabbia, panico, paura, e terrore, tutti mescolati insieme”.
“La reazione è irrazionale”, ha detto la signora Siganoff, 52 anni, di Alpine, California. “È c’è la tipica reazione di lotta o fuga”. La sua reazione è così forte che ha dichiarato di non essere più in grado di mangiare con il marito.

Molte persone possono essere distratte da alcuni piccoli suoni che non sembrano preoccupare altri – quelli generati dalla masticazione della gomma da masticare, dai passi, o ronzii. Ma chi soffre di misofonia, una condizione riconosciuta recentemente e che rimane poco studiata e poco compresa, prendono il problema a un livello superiore.
Inoltre, loro seguono un modello sorprendentemente coerente, dicono gli esperti. La condizione inizia quasi sempre nella tarda infanzia o nella prima adolescenza e peggiora nel tempo, spesso espandendosi per includere più suoni di innesco, di solito quelli legati alla masticazione e respirazione.

“Non credo che a 8 o 9 anni di età scelgano di svegliarsi una mattina e dicano: «Oggi la masticazione di mio padre mi fa impazzire»”, ha detto Marsha Johnson, un audiologa di Portland, Oregon, che gestisce un forum online per le persone con misofonia.
Tuttavia questo è ciò che accade, ha detto, aggiungendo: “Di lì a poco, il ragazzo non vorrà sedersi al tavolo o andare a scuola”.

Aage R. Moller, un neuroscienziato presso l’Università del Texas a Dallas che si specializza nel sistema nervoso uditivo, ha incluso la misofonia nel “Textbook dell’acufene”, una guida medica del 2010 di cui è stato redattore.
Egli ritiene che la condizione è innata, come per i mancini, e probabilmente non è un disturbo uditivo, ma un’ “anomalia fisiologica” che risiede in strutture cerebrali attivate dal suono elaborato.
Non vi è “nessun trattamento efficace noto”, ha detto il dottor Moller. I pazienti vanno spesso da un medico all’altro cercando invano aiuto.

La dott.ssa Johnson concordò: “A queste persone sono state diagnosticate un sacco di cose diverse: disturbi fobici, disturbo ossessivo-compulsivo, bipolare, maniacale, disturbi d’ansia”, ha detto.
L’interesse della dott.ssa Johnson è stato suscitato quando ha visto il suo primo caso, nel 1997. “Questo non è volontario,” ha detto. “Di solito piangono molto perché è stato detto loro che possono controllarlo se lo vogliono. Questo non è colpa loro. Non hanno chiesto di essere così né lo fanno apposta”. E come gli adulti, essi ” non sono troppo grandi per esso”, ha detto. “Hanno strutturano la loro vita intorno a questo disturbo”.

Taylor Benson, 19 anni, uno studente del secondo anno della Creighton University dell’Omaha, dice che molti rumori della bocca, insieme a quelli generati dalla respirazione rumorosa, gli fanno stringere il petto e battere forte il cuore. Si ritrova a stringere i pugni e fissare la persona che è fonte del suono.
“Questa condizione mi ha fatto perdere amici e ha provocato numerose lotte,” ha detto.

La misofonia (“avversione del suono”) è talvolta confusa con l’iperacusia, in cui il suono viene percepito come anormalmente forte o fisicamente doloroso. Ma la dott.ssa Johnson dice che non sono la stessa cosa.
“A queste persone piace il suono, più forte è e meglio è”, ha detto uno dei pazienti misofonici. “I suoni ai quali si oppongono, sono lievi, suoni difficilmente udibili”.

Un paziente è impazzito per il suo amato cane che si lecca le zampe. Un altro non può sopportare la pronuncia della “p” esplosiva in una normale conversazione.
Quando le persone con questa sensibilità non possono evitare i suoni, a volte cercano dei tappi per le orecchie per bloccarli, o dispositivi generatori di rumore bianco per mascherarli.

I legami familiari sono comuni. La signora Siganoff sospetta che anche suo padre avesse la sua stessa condizione. “Ci comprò delle scarpe nuove ed iniziò a lamentarsi perché secondo lui stavamo camminando troppo forte”, ha detto.

La prevalenza non è nota. Il gruppo su Yahoo della dott.ssa Johnson, soundsensitivity, conta circa 1.700 soci in tutto il mondo. Un membro, un uomo di Canberra, in Australia, gestisce un sito informativo per il pubblico in generale.
Nel frattempo, quelli con la condizione reagiscono come meglio possono. La signora Siganoff dice che resta infuriata fino a quando non dice qualcosa come “Sta’ zitto!” o “Basta!”.
“Se non dico nulla, la rabbia aumenta”, ha detto. “Questa vocalizzazione è sufficiente per fermare la reazione”. (l’ecolalia, o imitazione di un suono offensivo, è comune, ha detto la dott.ssa Johnson).

Come un giovane adolescente a tavola, Heidi Salerno ha cercato di tappare con discrezione le orecchie o a masticare in sincronia con gli altri affinché i rumori della masticazione da lei prodotti coprissero quelli degli altri.
“I medici mi dissero che c’era troppo controllo”, ha detto la signora Salerno, 44 anni, un avvocato di San Diego. “Ma ci sono molte cose che non sono in grado di controllare”, ha detto. “Sono stata sempre spazzata via”.
La signora Salerno chiude la porta dell’ufficio per difendersi dai suoni fastidiosi come lo scatto delle penne a clic. Lei è una campionessa di danza swing e, quando insegna danza, in classe vieta di masticare chewing gum, dicendo ai suoi studenti: “Se masticate i chewing gum, mi distraggo”.

Donna McDow, 57 anni, è una segretaria in pensione che vive vicino a Los Angeles, e prova una strada diversa, ovvero dice alla gente di avere un forte mal di testa. “Tutti capiscono il mal di testa”, ha detto. “Nessuno capisce invece quello che abbiamo veramente”.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
The New York Times

FONTE DELL’IMMAGINE:
The New York Times

di Monia De Tommaso

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La misofonia è un disturbo neurologico, psichiatrico, o uditivo?

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Il piccolo corpo di ricerca sulla misofonia tende ad affrontare 4 questioni fondamentali:

  • I sintomi specifici
  • Le possibili cause
  • Le sovrapposizioni con altri disturbi
  • La misura in cui la malattia ostacola la vita di chi ne soffre.

Tuttavia, poiché la misofonia è nuovo disturbo (nel senso che è stata ufficialmente riconosciuta solo nel 2001), la ricerca è ancora ai primordi. Le classificazioni dei disturbi sono di solito basate sulle loro cause. Quindi, se un disturbo è causato da un problema neurologico, diremo che è un disordine “neurologico”. Tuttavia, in tempi moderni, è diventato sempre più difficile classificare i disordini in questo modo perché i disturbi si sovrappongono, e la cause spesso sono sconosciute. Questo, naturalmente, aumenta la confusione.
Detto questo, la misofonia ha per lo più attirato l’attenzione da parte dei ricercatori nei seguenti settori:

Audiologia / Otorinolaringoiatria, Psicologia / Psichiatria (principalmente di competenza ossessivo compulsiva e disturbi correlati) e Neuroscienze (soprattutto in relazione alla sinestesia).

Analizzeremo ognuno di questi settori:

Audiologia / Otorinolaringoiatria

La ricerca in questo settore è limitata principalmente al lavoro degli Jastreboff. Tuttavia, è molto importante capire la loro teoria, come mai sia il catalizzatore di interesse per la misofonia e sia stata oggetto di una grande quantità di errori di interpretazione.
I Jastreboff definirono la misofonia mentre trattavano pazienti affetti da acufeni (ronzio alle orecchie) e iperacusia (grave intolleranza per suoni forti).
I Jastreboff fecero una distinzione molto importante, in particolare tra iperacusia e misofonia. I pazienti iperacusici reagivano avversivamente ai rumori forti, mentre quelli misofonici reagivano a “rumori ripetitivi e rumori basati su dei modelli precisi”, indipendentemente dal loror livello di decibel.

Questa è la prima importante distinzione:

Misofonia – risposta avversiva a suoni ripetitivi e basati su modelli che possono spesso essere bassi, o “delicati”.

Iperacusia – risposta avversivi a suoni forti

Secondo i Jastreboff, entrambe le condizioni sono comprese nella caratteristica “ridotta tolleranza al suono” ed entrambe le condizioni si riferiscono ad “aberranti” o “atipiche” associazioni tra l’udito e il sistema limbico. Ricordate che il sistema limbico è noto per essere il “centro emotivo” del cervello. Tuttavia, per quanto riguarda l’iperacusia, i Jastreboff ipotizzarono che i circuiti del cervello coinvolti fossero puramente appartenenti al subconscio. In altre parole, le regioni del cervello e le connessioni tra queste strutture/regioni cerebrali erano completamente fuori controllo dalla “parte pensante” o “conscia” del cervello. Per semplificare, nell’iperacusia, una parte del cervello dice all’altra di percepire suoni molto più forti di quelli che realmente sono, e questo va avanti senza alcun coinvolgimento della parte del cervello che è coinvolta nel pensiero cosciente (ovvero la parte più sofisticata della memoria e di organizzazione che solo gli esseri umani posseggono).
La successiva importante distinzione è la seguente:

Misofonia – connessioni anomale tra il sistema uditivo, e le parti emozionali e “pensanti” del cervello

Iperacusia – connessione anormale nella parte uditiva ed emozionale del cervello (non con la parte “pensante”).

Inoltre, a differenza dei pazienti iperacusici che hanno risposto a rumori forti per tutto il tempo, i misofonici sembrano variare nelle loro risposte. Cioè, i pazienti che trattarono i Jastreboffs riporono una varietà di emozioni in risposta ai suoni, che andavano dal fastidio alla rabbia, inclusi la paura e la fuga dalle situazioni/luoghi in cui i suoni scatenanti avrebbero potuto essere presenti, e numerosi altre risposte di reazione. I Jastreboff osservarono anche che i loro pazienti avevano reagito ad alcune persone e non altre (e in alcuni posti, ma non altri). Ciò li portò a credere che gli individui misofonici avevano fatto associazioni negative tra i rumori specifici e persone specifiche, o tra rumori specifici e particolari esperienze e / o luoghi.

Questo ha fatto sì che queste risposte fossero “apprese”. Questo è dove la parte più cosciente del cervello (o il “cervello pensante”) diventa rilevante. Semplificato, secondo l’opinione dei Jastreboff, i suoni (trasformati nella “parte uditiva del cervello”) sono stati associati nel corso di un’esperienza negativa con una persona, un luogo o un’esperienza, nel sistema limbico (la “parte emotiva del cervello”) e poi memorizzata (tramite la “parte pensante del cervello”).
Una volta che quest’associazione negativa si è formata, ogni volta ci si imbatte nello stesso suono, una persona con misofonia sperimenta quella che è nota come reazione automatica.
La reazione automatica si riferisce a quell’eccitazione fisiologica associata con quello che viene comunemente indicata come la sindrome di “lotta o fuga” (anche se può essere vissuta a livelli inferiori senza che si verifichino la lotta o fuga). I Jastreboff non si azzardarono a studiare la misofonia “in un laboratorio” al fine di sostenere la loro teoria, ma invece iniziarono a trattare i pazienti in base al presupposto che, anche se la misofonia è un disturbo a base neurologica, le associazioni negative che sono state fatte tra i suoni e le esperienze particolari potrebbero essere ri-trattate facendo associazioni nuove e positive con i suoni.

Psichiatria / Psicologia & Neuroscienze

In psicologia / psichiatria, sono state riscontrate caratteristiche comuni tra il disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati e, in misura minore, stati di ansia generale.
In neuroscienze, sono stati proposti modelli di misofonia come una forma di sinestesia. Attraverso questa ricerca è nata anche la discussione su “sensibilità sensoriali generali”, “percezione-difensiva” e “processo multisensoriale”.

Disturbo Ossessivo-Compulsivo (OCD) e disturbi correlati

In psicologia, il disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati hanno ricevuto una certa attenzione in questo piccolo ma crescente corpo di letteratura sulla misofonia.
Schröder, Vulink, e Denys hanno reclutato 42 pazienti che hanno auto-valutato il loro grado di misofonia. Sono stati intervistati da uno psichiatra e hanno dato varie misure relative alla diagnosi neuropsichiatrica.
In particolare, gli autori hanno trovato una più alta incidenza di sovrapposizione con i Disturbi della Personalità Ossessivo-Compulsivo (DSM-IV TR). Schröder, e altri, proposero che misofonia fosse considerata un disturbo discreto sotto la classificazione più ampia dei Disturbi relativi a quelli Ossessivo-Compulsivi nel DSM-5. I ricercatori hanno reclutato da una clinica di salute mentale, e come per i Jastreboff, questo potrebbe aver distorto il loro campione.
Inoltre, è troppo presto (nella fase di ricerca) per etichettare la misofonia come un disturbo psichiatrico. In particolare, gli autori hanno riconosciuto una sovrapposizione dei sintomi con il Processo di Disordine Sensoriale (SPD), ma un fraintendimento del disordine sensoriale potrebbe aver influenzato la loro analisi quantitativa.
In particolare, nella loro descrizione dell’SPD hanno affermato che gli individui con SPD reagiscono solo ai suoni “forti” e non ai suoni ripetitivi (i suoni indicati nella misofonia).

Questo non è vero.

La ricerca nell’SPD non distingue tra rumori forti o copiati, e su molte delle Scale di Elaborazione Sensoriale ci sono elementi che includono sia i rumori forti che rumori ripetitivi. Pertanto, la sovrapposizione con i Disordini di Elaborazione Sensoriale non deve essere ignorata.
Wu, Lewin, Murphy, e Storch hanno studiato l’incidenza, la fenomenologia, le correlaazioni, e il livello di compromissione associata a sintomi misofonici a 483 studenti universitari attraverso una misurazione auto-valutativa. Nel loro campione, quasi il 20% dei partecipanti ha riferito sintomi misofonici clinicamente significativi. Questi sintomi sono stati fortemente associati con le misure di riduzione del valore della vita generale e di sensibilità sensoriale, nonché le associazioni moderate con sintomi ossessivo-compulsivi, ansia e sintomi depressivi. Gli autori hanno riferito che l’associazione dei sintomi con le sensibilità sensoriali può indicare che la sensibilità del suono selettivo può essere legata a una maggiore ricorrenza di altri tipi di atteggiamento difensivo sensoriale. Riconoscere negli individui altri tipi di sensibilità sensoriali, come la sensibilità tattile, può aiutare nella rilevazione di un aumento dei concorrente della sensibilità sonora. Inoltre, gli autori hanno riferito che l’ansia ha mediato il rapporto tra la misofonia e le esplosioni di rabbia.

Infine, come limitazioni al loro studio, gli autori hanno fatto notare che la maggior parte dei partecipanti allo studio erano di sesso femminile e che sono state utilizzate solo misure auto-valutative. Tuttavia, in un caso di studio di due bambini, i ricercatori hanno riferito che la misofonia sembra essere un disturbo psichiatrico che è altamente correlato con l’OCD.
Inoltre, a causa della sistemazione dei genitori, hanno fatto in modo che i bambini potessero evitare di sentire “i suoni scatenanti” a casa, e sembra i suoni di innescono potrebbero essere in realtà peggiorati. Cioè, la mancanza di esposizione a questi rumori particolari ha peggiorato la gravità della risposta. In generale, i medici/ricercatori sull’OCD concordano sul fatto che i pazienti potrebbero trarre vantaggio da una terapia con ricondizionamento simile a quella dei Jastreboff.
Tuttavia, i medici OCD hanno proposto di usare una terapia basata sul comportamento più simile alla “terapia dell’esposizione” in cui i pazienti sarebbero esposti delicatamente ai suoni che trovano avversivi fino a quando non si abituano a loro. In particolare, attualmente ci sono solo circa il 5 carte su questi studi e le dimensioni sul campione sono piccole.

Ricerca sulla sinestesia

Edelstein, Brang, Rouw, e Ramachandran hanno trovato alcune somiglianze tra la sinestesia e la misofonia. Edelstein ipotizzò come la misofonia mostrasse “somiglianze” con la sinestesia. Per caratterizzare la reattività avversiva nella misofonia, Edelstein usò sia interviste qualitative auto-valutative che misure fisiologiche (Risposta con Conduttanza Cutanea o SCR):

“Nella sinestesia, come nella misofonia, particolari stimoli sensoriali evocano sensazioni e associazioni particolari e costanti … Insomma, una distorsione patologica delle connessioni tra la corteccia uditiva e le strutture limbiche che potrebbe causare una forma di sinestesia sonoro-emozionale”.

Gli autori hanno fatto notare che le limitazioni dello studio includono la piccola dimensione del campione, una mancanza di screening per problemi psichiatrici o psicologici (sono state incluse misure di disturbi di salute mentale), e che l’SRC misura la risposta automatica, ma non descrive la natura dell’emozione associata con la risposta automatica.
Come avrete notato, la ricerca sulla sinestesia è applicabile alla misofonia poiché affronta direttamente la connettività cerebrale aberrante che i Jastreboff avevano originariamente concepito.

Mentre la ricerca sulla sinestesia non si traduce direttamente in trattamento, essa può certamente andare oltre la nostra comprensione del disturbo e quindi metterci al corrente del trattamento. Ci sono un paio di ricerche sulla sinestesia in corso e sarà interessante scoprirne i risultati.

Che cosa significa tutto questo e come si possiamo legare insieme queste ricerche?

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
Allergic to Sound

FONTE DELLE IMMAGINI:
State of Mind

di Monia De Tommaso

L’A.I.R.S. e il suo approccio all’ipersensibilità uditiva

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Oggi riportiamo alcune parti di un articolo redatto, a cura di G. Cianfrone e S.Passi, sul sito dell’A.I.R.S. (Associazione Italiana per la Ricerca sulla Sordità) in collaborazione con l’Università la Sapienza di Roma. Per quanto si possa essere (a cominciare da noi stessi che pubblichiamo questi articoli) d’accordo o meno con alcune informazioni riportate, come sempre non ci sentiamo di escludere alcuna informazione sull’argomento “sensibilità uditiva”. Buona lettura.

I suoni continui e forti risultano fastidiosi per molte persone. Però esistono senz’altro persone con un udito più sensibile rispetto ad altri e alle quali risulta decisamente molto fastidioso ascoltare livelli sonori anche ritenuti normali per tutti gli altri.
Se non è presente perdita uditiva si parla di Iperacusia (termine con il quale nel sito si intende una ridotta capacità della persona di tollerare i suoni esterni ovvero la percezione esagerata ed esasperata del fastidio prodotto da suoni che la popolazione normale percepisce come ben tollerati. Si può giungere fino alla sensazione del dolore) e qui dobbiamo prendere in considerazione non tanto l’orecchio come organo periferico quanto più tutto quello che succede dal nervo acustico in poi, fino al cervello.
Il cervello gioca un ruolo essenziale nel tipo di sensibilità che abbiamo nei confronti dei suoni. Una volta arrivati all’orecchio interno i suoni elaborati dalle cellule ciliate, 10.000 fibre del nervo acustico portano l’informazione sonora fino alla corteccia uditiva del cervello (lobo temporale). Qui abbiamo la consapevolezza del suono. Il primo compito del sistema uditivo centrale è quello di estrarre tra i tanti messaggi che arrivano dall’esterno, quelli importanti rispetto al rumore di sottofondo. Spesso suoni anche lievi sono ricchi di significato e quindi balzano alla nostra consapevolezza perché vengono amplificati da una parte del sistema nervoso centrale chiamata sistema limbico (centro dell’apprendimento e delle emozioni) e corteccia prefrontale (coinvolta con il comportamento) che serve proprio a cogliere e amplificare suoni non necessariamente forti ma che potenzialmente indicano una situazione di pericolo. Nella maggior parte dei casi l’associazione automatica che viene fatta con certi suoni ha caratteristiche di pericolo: questo suono mi danneggerà l’orecchio? Ridurrà la qualità della mia vita diminuendo i periodi di tranquillità? Interferiranno con la mia concentrazione? Molto spesso l’ipersensibilità nei confronti dei suoni inizia con una paura irrazionale e poi si struttura nel tempo.
Siccome il sistema uditivo centrale è molto potente è in grado di percepire suoni anche molto deboli, se allenato e quindi un suono associato ad un pericolo, anche se molto debole, può essere inizialmente percepito solo nell’assoluto silenzio, ma un allenamento, anche se chiaramente negativo, può farlo percepire poi in tutte le situazioni, anche non necessariamente silenziose.

Anche variazioni nell’umore o nel livello di ansia possono inoltre aumentare il livello di sensibilità e far captare ancora di più segnali esterni o interni percepiti come potenzialmente pericolosi. Questa situazione può estendersi anche agli altri sensi creando ipersensibilità dell’olfatto, della vista, del gusto o del tatto aumentando la percezione del dolore.

Cari lettori misofonici, vi ritrovate?

L’iperacusia, specie nelle donne, può essere associata a disturbi ormonali, oppure può essere favorita da disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare, o da irritazioni del nervo trigemino ed in tal caso associarsi ad emicranie; può infine essere favorita dalla tensione tonica del muscolo tensore del timpano (TTTS), nel qual caso può accompagnarsi a senso di “blocco” auricolare. Vi sono evidenze scientifiche che dimostrerebbero in alcuni casi l’azione favorente sull’iperacusia esercitata da una carenza del neurotrasmettitore Serotonina, conosciuto per avere un’azione inibitrice di “calmiere” sulle percezioni sensoriali. L’iperacusia è presente nell’autismo infantile ed in alcune sindromi rare come la s. di Williams.
Quindi la ipersensibilità uditiva può essere presente in udito normale (iperacusia) associarsi a deficit uditivo (recruitment e iperacusia insieme), assumere caratteri fobici con reazioni comportamentali esasperate (fonofobia) o con sola sensazione di fastidio (misofonia).

Qui non siamo d’accordo con il definire la misofonia una semplice “sensazione di fastidio”; forse chi ha scritto l’articolo ha fatto riferimento ad una forma iniziale di misofonia.

Gli esami migliori oltre all’audiometria tonale (sopraliminare) classica sono l’impedenzometria con il test dei riflessi stapediali che evidenzia la presenza di recruitment ed inoltre il test della Loudness Disconfort Level (LDL) che evidenzia la presenza o meno di iperacusia. Chiaramente gli esami vanno eseguiti con estrema attenzione e delicatezza in quanto il soggetto sofferente di una qualsiasi forma di diminuzione della capacità di tollerare i suoni si sente in pericolo durante gli esami e dobbiamo cercare di non contribuire all’aumento della loro sensibilità. Inoltre è decisamente importante non procedere all’impedenzometria che richiede l’uso di livelli di intensità del suono decisamente sovraliminari se prima non si è effettuato l’esame LDL. Se la sensibilità del soggetto è alta conviene rimandare l’esame dei riflessi stapediali dopo un periodo di riabilitazione uditiva.

Per la cura dell’iperacusia le metodiche di esposizione progressiva ai suoni che si rifanno alla terapia madre della “sound habituation therapy” o “terapia del suono” come la TRT ben nota per il trattamento degli acufeni, sicuramente offrono un approccio efficace nel trattamento di questo fastidioso disturbo, sia che siano presenti acufeni sia che non lo siano. In presenza di una perdita uditiva è necessario l’uso delle protesi, ma queste vanno regolate con estrema attenzione da parte dell’audioprotesista con un controllo dell’uscita massima estremamente ridotto nel periodo iniziale e poi gradualmente aumentato e portato al livello necessario al tipo di perdita nel tempo, anche in tempi molto lunghi. Necessario è “svezzare” l’orecchio ai suoni ma con estrema gradualità come si fa nel caso dello svezzamento del bambino ai cibi o nella desensibilizzazione delle allergie. In caso di normoacusia è necessario l’uso di “generatori di suono” che erogano un rumore di sottofondo inizialmente al livello di minima percezione almeno 6-8 ore al giorno, volume che andrà gradualmente aumentato man mano che il sistema uditivo del soggetto si desensibilizza.

Fondamentale oltre alla “terapia del suono” sopra descritta è il counselling educativo che consente alla persona di venire a conoscenza del reale funzionamento dell’organo dell’udito, di come funziona, di quali sono i suoni veramente dannosi. Affiancare a tutto ciò tecniche di rilassamento per la gestione della propria capacità di affrontare lo stress è vivamente consigliato. Un trattamento consigliato in molti casi, tendente ad arricchire l’offerta terapeutica dell’iperacusia è la Terapia Cognitiva-Comportamentale (TCC): questa, condotta da un counsellor esperto, è finalizzata a rimuovere le cognizioni ed i comportamenti non funzionali mediante prese di coscenza ed ampliamento delle conoscenze ed aiuto a sviluppare capacità di affrontamento (coping) di certe situazioni. Ma è fondamentale in tutti i casi una valutazione clinica dello stato psicologico del paziente essendo molte e complesse, come abbiamo visto, le interazioni fra le condizioni psicologiche e l’ipersensibilità uditiva.

Terapie farmacologiche rivolte alla rimodulazione dell Serotonina sono in fase di studio.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
A.I.R.S.onlus

FONTE DELL’IMMAGINE:
LINEARApprecchiAcustici

 

di Monia De Tommaso

 

Iperacusia (all’orgine della misofonia): ce la spiega il prof. Mario Mattia

Solitamente scriviamo di misofonia. Oggi vogliamo pubblicare un articolo inerente all’iperacusia. Il motivo? Perchè secondo diversi studi la misofonia è un aggravamento dell’iperacusia, che ricordiamo essere una ridotta capacità della persona di tollerare i suoni esterni. Facendo ricerche nel web, abbiamo trovato un interessante e chiaro articolo del prof. G. Mario Mattia (consulente ergonomo specialista “Tecnico Competente”, certificato in acustica) che tende a chiarire proprio cos’è l’iperacusia (quali possono essere le forme in cui si può presentare e quale parte della via uditiva ne è causa), come diagnosticarla correttamente e come trattarla. Buona lettura.
I suoni continui e forti risultano fastidiosi per molte persone.
Esistono persone con un udito più sensibile rispetto ad altri e alle quali risulta decisamente molto fastidioso ascoltare livelli sonori anche ritenuti normali per tutti gli altri.
Questa situazione può capitare sia a persone con udito normale sia a persone con ipoacusia.
Spesso, specialmente le persone anziane, dicono “parla un po’ più forte, perché non ti sento!” e poi appena alziamo un po’ la voce “Non urlare! Non sono mica sordo!”.
In questa situazione è presente una diminuzione dell’udito dovuta di solito ad una perdita di cellule ciliate dell’orecchio interno, comunemente quelle deputate a recepire le alte frequenze (come il cinguettio degli uccelli, le cicale, le suonerie dei telefoni ecc.) che provoca una difficoltà a distinguere in modo corretto i vari livelli di volume dei suoni che vengono percepiti di meno.
Si aggiunge quindi alla perdita quantitativa (ipoacusia) anche una perdita di qualità del suono in entrata. Questa situazione viene detta in termini tecnici “recruitment” e oltre ad essere ben descritta da chi ne è affetto, si può anche evidenziare con gli esami audiologici (audiometria e impedenzometria).
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A differenza dell’orecchio normale che è in grado di tollerare suoni che arrivano a 120 dB, la persona con ipoacusia e recruitment raggiunge il livello di fastidio anche a 70-80 dB.
Per capire meglio facciamo il confronto con il musicista: egli può suonare uno strumento “pianissimo” e variare poi il volume fino ad arrivare al “fortissimo”.
Tra i due estremi ci sono tanti livelli di volume; l’orecchio normale li può percepire tutti mentre per l’orecchio con recruitment è come se certi suoni siano suonati solo in “fortissimo”, cioè appena percepiti raggiungono subito il fastidio.

Se non è presente perdita uditiva si parla di Iperacusia e qui dobbiamo prendere in considerazione non tanto l’orecchio come organo periferico quanto più tutto quello che succede dal nervo acustico in poi, fino al cervello.

Il cervello gioca un ruolo essenziale nel tipo di sensibilità che abbiamo nei confronti dei suoni.
Una volta arrivati all’orecchio interno i suoni vengono elaborati dalle cellule ciliate, oltre 10.000 fibre del nervo acustico portano l’informazione sonora fino alla corteccia uditiva del cervello (lobo temporale). Qui abbiamo la consapevolezza del suono.

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Il primo compito del sistema uditivo centrale è quello di estrarre tra i tanti messaggi che arrivano dall’esterno, quelli importanti rispetto al rumore di sottofondo.
Spesso suoni anche lievi sono ricchi di significato e quindi balzano alla nostra consapevolezza perché vengono amplificati da una parte del sistema nervoso centrale chiamata sistema limbico (centro dell’apprendimento e delle emozioni) e corteccia prefrontale (coinvolta con il comportamento) che serve proprio a cogliere e amplificare suoni non necessariamente forti ma che potenzialmente indicano una situazione di pericolo.
Nella maggior parte dei casi l’associazione automatica che viene fatta con certi suoni ha caratteristiche di pericolo: questo suono mi danneggerà l’orecchio?
Ridurrà la qualità della mia vita diminuendo i periodi di tranquillità?
Interferiranno con la mia concentrazione?
Molto spesso l’ipersensibilità nei confronti dei suoni inizia con una paura irrazionale e poi si struttura nel tempo.
Comunemente questo è fonte di disturbo in coloro che credono che la qualità della propria vita possa venire rovinata da rumori del vicino, dell’impianto di condizionamento e dei frigoriferi del negozio sottocasa, della musica della discoteca, di fabbriche ed artigiani vicini che emettono certamente suoni (spesso neanche avvertiti dalla maggioranza delle persone).
Siccome il sistema uditivo centrale è molto potente è in grado di percepire suoni anche molto deboli, se allenato e quindi un suono associato ad un pericolo, anche se molto debole, può essere inizialmente percepito solo nell’assoluto silenzio, ma l’attenzione concentrata, anche se il segnale è chiaramente debole, può farlo percepire poi in tutte le situazioni, anche quando non c’è silenzio.

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Anche variazioni nell’umore o nel livello di ansia possono aumentare il livello di sensibilità e far captare ancora con maggiore attenzione e sensibilità segnali esterni o interni percepiti come potenzialmente pericolosi.
Questa situazione può estendersi anche agli altri sensi creando ipersensibilità dell’olfatto, della vista, del gusto o del tatto aumentando la percezione del dolore.

Quindi la ipersensibilità uditiva può essere presente in udito normale (iperacusia) associarsi a deficit uditivo (recruitment e iperacusia), assumere caratteri fobici con reazioni comportamentali esasperate (fotofobia) o con sola sensazione di fastidio (misofonia).

Questa ipersensibilità porta ad uno stato di STRESS: oltre al deficit immunitario e l’aggravarsi o lo scatenarsi delle malattie “latenti”, può provocare stati di PANICO e di varie forme di FOBIA.

COME FARE UNA DIAGNOSI CORRETTA?

Gli esami migliori oltre all’audiometria tonale classica, sono l’impedenzometria con il test dei riflessi stapediali che evidenzia la presenza di recruitment ed inoltre il test della Loudness-Disconfort-Level (LDL) che evidenzia la presenza o meno di iperacusia.

Chiaramente gli esami vanno eseguiti con estrema attenzione e delicatezza in quanto il soggetto sofferente di una qualsiasi forma di diminuzione della capacità di tollerare i suoni si sente in pericolo durante gli esami e dobbiamo cercare di non contribuire all’aumento della loro sensibilità.
Inoltre è decisamente importante non procedere all’impedenzometria che richiede l’uso di livelli di intensità del suono decisamente sovraliminari se prima on si è effettuato l’esame LDL.
Se la sensibilità del soggetto è alta conviene rimandare l’esame dei riflessi stapediali dopo un periodo di riabilitazione uditiva.

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IL TRATTAMENTO DELL’IPERSENSIBILITA’ UDITIVA

La TRT sicuramente offre un approccio efficace nel trattamento di questo fastidioso disturbo.
In presenza di una perdita uditiva è necessario l’uso delle protesi, ma queste vanno regolare con estrema attenzione da parte dell’audioprotesista con un controllo dell’uscita massima estremamente ridotto nel periodo iniziale e poi gradualmente aumentato e portato al livello necessario al tipo di perdita nel tempo, anche in tempi molto lunghi.
Necessario è “svezzare” l’orecchio ai suoni ma con estrema gradualità come si fa nel caso dello svezzamento del bambino ai cibi o nella desensibilizzazione delle allergie.
In caso di normoacusia è necessario l’uso di “generatori di suono” che erogano un rumore di sottofondo inizialmente al livello di minima percezione almeno 6-8 ore al giorno, volume che andrà gradualmente aumentato man mano che il sistema uditivo del soggetto si desensibilizza.

Fondamentale oltre alla “terapia del suono” sopra descritta è il counseling educativo che consente alla persona di venire a conoscenza del reale funzionamento dell’organo dell’udito, di come funziona, di quali sono i suoni veramente dannosi.

Affiancare a tutto ciò tecniche di rilassamento per la gestione della propria capacità di affrontare lo stress è vivamente consigliato.
Alcune discipline orientali di tecniche di rilassamento, quali le tecniche di respirazione Yoga, sono altamente raccomandate.

FONTE DELL’INFORMAZIONE:
EuroAcustici

FONTI DELLE IMMAGINI:
GiovanioltrelaSM, Misofonia.com

di Monia De Tommaso

Iperacusia, ipoacusia e acufeni: attenzione ai farmaci ototossici

misofonia-iperacusia-acufeni-farmaci-ototossici

Cari lettori, oggi vogliamo pubblicare un articolo davvero importante. In rete abbiamo trovato un elenco di farmaci ototossici che vogliamo condividere con voi. Innanzi tutto: cosa sono i farmaci ototossici? Per ototossicità si intende la proprietà tossica di certi farmaci e tossine nei confronti delle strutture dell’orecchio interno (in particolare delle cellule costituenti la coclea ed il vestibolo) o del nervo acustico.

Il danno tossico è solitamente accompagnato da sintomi di vertigine, di ipoacusia, di iperacusia ed acufeni (o tinnito). Nei casi più gravi, l’azione ototossica può portare a marcate perdite funzionali dell’udito, fino alla sordità completa.
Vi domanderete allora: cosa centra tutto questo con la misofonia? Ebbene, abbiamo diverse volte fatto notare come molti medici pensino che la misofonia sia un aggravamento dell’iperacusia. Dunque, se l’iperacusia può essere anche scatenanta dai farmaci, è bene sapere quali siano e quindi come prevenire danni all’udito e al nervo acustico.

Si ipotizza la presenza di una possibile predisposizione genetica facilitante il danno ototossico. In caso di reazioni ototossiche, è consigliata (quando possibile) la sospensione del farmaco, ed una valutazione medica specialistica (solitamente otorinolaringoiatrica).

Ecco a voi la lista, fatene buon uso 🙂

PDF: Farmaci-Ototossici

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
EuroAcustici

FONTE DELL’IMMAGINE:
AcufeniCauseeRimedi

di Monia De Tommaso

Tolleranza ridotta al suono (iperacusia e misofonia): implicazioni cliniche

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In attesa della pubblicazione dell’articolo scientifico dei coniugi Jastreboff sulla misofonia e l’iperacusia, abbiamo deciso di pubblicare questo piccolo loro articolo trovato su un sito dedicato alla misofonia. Buona lettura.

La tolleranza ridotta al suono (DST, Decreased Sound Tolerance) è un problema comune. I soggetti mostrano reazioni negative (ad esempio, il disagio, fastidio, ansia, dolore) a seguito di esposizione a suoni di tutti i giorni che non evocano reazioni tali avverse all’ascoltatore medio. La DST risulta il frutto della combinazione tra iperacusia e misofonia. Mentre gli effetti a livello comportamentale dell’iperacusia e la misofonia sono simili, i loro meccanismi sono tipicamente diversi e richiedono trattamenti indipendenti. Nell’iperacusia, l’intensità della reazione negativa è determinata unicamente dalle caratteristiche fisiche del suono offensivo, ad esempio, il suo spettro e l’intensità; il contesto in cui si verifica il suono, e il suo significato personale, non sono importanti. Nel 2000 abbiamo riconosciuto che molti pazienti che presentano la DST hanno reagito negativamente solo per modelli specifici di suono pur essendo in grado di tollerare i suoni forti. Pertanto, abbiamo coniato il nuovo termine, misofonia, per descrivere questo sottotipo di DST. Nella misofonia, le reazioni ai suoni non sono semplicemente legate a parametri fisici di un suono, ma dipendono dalle associazioni precedenti ad un suono fastidioso e il contesto in cui si verifica il suono. La Terapia di Riabilitazione da Tinnitus (TRT) è un’opzione di trattamento efficace per entrambe le DST. I protocolli di desensibilizzazione, e i protocolli sonori che creano associazioni positive con varietà di suoni, sono utilizzati rispettivamente per l’iperacusia e la misofonia. La presentazione del caso verrà utilizzata per illustrare le differenze tra gli approcci di trattamento per l’iperacusia e la misofonia. La corretta diagnosi e il trattamento dell’iperacusia e / o misofonia spesso provocano completa risoluzione della DST nei pazienti che ne sono affetti.

FONTE DELL’INFORMAZIONE:
MisophoniaUK

FONTE DELL’IMMAGINE:
ALPS

di Monia De Tommaso

Fonofobia e Iperacusia: punti pratici da un caso clinico [Parte II]

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Dopo aver riportato la prima parte di questo saggio di Zamzil Amin Asha’ari, Nora Mat Zain, e Ailin Razali, proseguiamo con la seconda parte del loro studio sull’iperacusia e la fonofobia.

DISCUSSIONE

L’iperacusia e la fonofobia sono due fenomeni soggettivi che a volte sono indistinguibili, e come le loro descrizioni si basano moltissimo su informazioni ottenute dal paziente. La definizione di entrambe possono anche essere fonte di confusione, e in molte pubblicazioni mediche, i termini iperacusia e fonofobia sono stati utilizzati nello stesso contesto. La definizione di iperacusia portata avanti da Jastreboff e Hazell è stata ampiamente accettato. Essi hanno affermato che l’iperacusia è una sensibilità anomala al suono derivante dall’interno del sistema uditivo, sia periferico o centrale. Questo potrebbe spiegare perché ci dovrebbe essere qualche anomalia negli esami o indagini audiologiche constatate nella vera iperacusia. Tuttavia, hanno suggerito che la diminuzione della tolleranza al suono è costituita non solo dall’iperacusia; si compone anche di una paura al suono conosciuta come fonofobia o una forte antipatia al suono chiamata misofonia. Jastreboff e Hazell descrivono un paziente con misofonia o fonofobia come aventi anormalmente forti reazioni del sistema nervoso autonomo e limbico ma fonofobia-e-iperacusia-studio-di-un-caso-clinico (3)non comportano una significativa attivazione del sistema uditivo, come fa l’iperacusia. La fonofobia, per loro, è una forma estrema di misofonia. Sulla base di questa descrizione, quindi, la misofonia e la fonofobia possono derivare dall’iperacusia e dopo tutto non possono essere totalmente diverse. La vera fonofobia, o talvolta chiamata ‘ligyrophobia’ è un disturbo psichiatrico dove di solito non c’è un’anormalità nei percorsi neuro-audiologica periferiche o centrali o se c’è è minima. Qui alcuni processi di apprendimento o condizionamento portano allo sviluppo di reazioni specifiche e modelli di isolamento da determinati stimoli acustici. La fonofobia è utilizzata anche nella letteratura neurologica per descrivere l’intolleranza suono che causano emicrania, e questo può aggiungere ulteriore confusione nella sua vera definizione. Uno studio per valutare la prevalenza di iperacusia e fonofobia tra i bambini in età scolare ha concluso che la loro prevalenza è stata di circa il 10 per cento della popolazione. Clinicamente, l’iperacusia può essere causata da lesioni del sistema uditivo periferico o centrale. La miastenia grave, la paralisi di Bell, la sindrome Hunt Ramsey, la sindrome di Meniere, la perdita dell’udito causata dal rumore e altri disturbi uditivi neurosensoriali sono note come cause periferiche dell’iperacusia. Cause centrali possono derivare dal mal di testa, depressione, lesione alla testa, sindrome di William, sclerosi multipla, attacco ischemico transitorio, malattia di Lyme, malattia di Addison e dipendenza dalla droga stimolante. I pazienti con iperacusia o fonofobia possono prima farsi curare in cliniche o ambulatori generali o ambulatori del medico generico, e questi medici di solito poi indirizzano il paziente a specialità cliniche (per esempio, l’ORL, la psichiatria o la neurologia) o clinica del medico generale secondo la diagnosi sospetta. Così, prendere di riferimento la storia medica del paziente è vitale, alla prima visita, per un corretto riferimento alla clinica specialistica. Tuttavia, la distinzione tra iperacusia o fonofobia vera spesso non può essere fatta semplicemente dalla storia, soprattutto nei bambini. Così, il paziente dovrebbe essere studiato, almeno per escludere cause di iperacusia. Valutazioni audiologiche oggettive sono tra i test che possono essere effettuati, compresi quelli sui riflessi acustici e sui potenziali uditivi evocati, insieme con la risonanza magnetica per escludere cause periferiche e centrali all’interno del sistema uditivo. Tuttavia, ci dovrebbe essere una certa cautela quando si tratta di testare i pazienti con l’iperacusia e tutte le procedure che coinvolgono i suoni forti (ad esempio, i riflessi acustici e uditivi evocati) perché queste prove possono aggravare l’insofferenza verso il suono, specialmente nei bambini.

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Nel nostro caso, abbiamo prescritto questi test solo dopo attenta valutazione e la spiegazione al paziente e i genitori dei suoi potenziali svantaggi. Quando tutti i segni e le indagini otologiche e audiologiche sono negative, dobbiamo sempre ricordare di cercare altri componenti correlati all’iperacusia (vale a dire, le cause neurologiche, endocrinologiche e psichiatriche). Indagini del sangue possono essere prescritte per escludere cause endocrine sottostanti, ma solo su sospetto clinico generato dalla storia del paziente e un esame fisico, e non dovrebbero essere eseguite di routine. L’MRI è costoso e non facilmente disponibile, ma è utile per escludere alcune cause centrali dell’iperacusia. Tuttavia, anche qui, non devono essere eseguiti test di routine. Come tutte le paure e fobie, la fonofobia è creata dalla parte inconscia della mente come un meccanismo protettivo. Secondo la classificazione del DSM-IV, le fobie specifiche come la fonofobia sono caratterizzate da ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a un oggetto o situazione specifica temuta, e determina condotte di isolamento. Probabilmente è un comportamento associabile a forti rumori e traumi emotivi passati, e spesso è necessaria una storia dettagliata dell’evento. Come per tutte le altre fobie, il trattamento della fonofobia può comportare terapie comportamentali, cognitive e farmacologiche. La fonofobia è una condizione psichiatrica curabile, spesso con una buona prognosi. Nonostante il successo del trattamento, nel nostro caso, vorremmo ribadire che non era una prova che la fonofobia e l’iperacusia fossero entità distinte in ogni momento. In pratica, la maggior parte delle persone con ipersensibilità al suono ambientale hanno sia l’iperacusia che la fonofobia in proporzioni variabili. Per il trattamento di queste condizioni, è importante rilevare quali condizioni sono presenti e quale è dominante. Baguley e Andersson, nel loro ultimo libro sull’iperacusia, suggeriscono che “l’iperacusia deve sempre coinvolgere il sistema uditivo classico e anche i sistemi di emozioni e del comportamento, e come tale è fisiologica e psicologica allo stesso tempo”. In molti casi, la loro affermazione è valida.
In conclusione, la fonofobia e l’iperacusia sono parti di fenomeni di intolleranza sonore con vari coinvolgimenti di componenti audiologici, emotivi e comportamentali. La fonofobia è un disturbo psichiatrico curabile, e la maggior parte dei pazienti può prima presentarsi in ambulatori o medici di medicina generale. Così, i medici che frequentano dovrebbero essere in grado di riconoscere le caratteristiche della fonofobia e iperacusia per gestire con successo entrambe le condizioni.

RINGRAZIAMENTI

Desideriamo estendere un ringraziamento speciale al dottor Srinovianti Noerdin del Kuantan Specialist Hospital per aver fornito preziose opinioni per la gestione di questo caso.

CONTRIBUTI D’AUTORE

Per l’ideazione e progettazione, redazione e revisione critica di questo articolo sono stati raccolti dei dati e assemblati grazie a ZAA; per la fornitura di materiali di studio o pazienti, l’approvazione finale dell’articolo, ringraziamo: ZAA, NMZ, AR

RIFERIMENTI

1. Jastreboff PJ, Hazell JWP. A neurophysiological approach to tinnitus: Clinical implications. Br J Audiol. 1993;27(1):7–17.
2. American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders. 4th edition. Washington DC: American Psychiatric Association; 1994.
3. Schaaf H, Klofat B, Hesse G. Hyperacusis, phonophobia, and recruitment. Abnormal deviations of hearing associated with hypersensitivity to sound. HNO. 2003;51(12):1005–1011.
4. Coelho CB, Sanchez TG, Tyler RS. Hyperacusis, sound annoyance, and loudness hypersensitivity in children. Prog Brain Res. 2007;166:169–178.
5. Katzenell U, Segal S. Hyperacusis: Review and clinical guidelines. Otol Neurotol. 2001;22(3):321–326.
6. Jastreboff PJ, Jastreboff MM. Tinnitus retraining therapy (TRT) as a method for treatment for tinnitus and hyperacusis patients. J Am Acad Audiol. 2000;11:162–177.
7. Baguley DM, Andersson G. Hyperacusis: Mechanisms, Diagnosis, and Therapies. San Diego: Plural Publishing; 2007.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
NCBI

FONTI DELLE IMMAGINI:
IstitutodiPsicosomaticaIntegrata, ilPost, L’ArabaFeniceEcologica

di Monia De Tommaso

Fonofobia e Iperacusia: punti pratici da un caso clinico [Parte I]

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Cari lettori, oggi vi proponiamo la prima parte di una pubblicazione scientifica del 2010 realizzata da Zamzil Amin Asha’ari, Nora Mat Zain, e Ailin Razali e volta a distinguere l’iperacusia dalla fonofobia e una loro relazione con la misofonia. Il titolo di tale ricercha è Fonofobia e Iperacusia: punti pratici da un caso clinico. Il sito in cui abbiamo trovato questa pubblicazione, tradotta appositamente per voi, è quello della National Library of Medicine del National Institutes of Health. Alla fine dell’articolo troverete il link della pagina dove potrete trovare la versione originale (in lingua inglese) dell’articolo. Buona lettura.

RIASSUNTO

La fonofobia e l’iperacusia sono due sintomi separati ma strettamente connessi che vengono spesso erroneamente classificati nella pratica clinica come la stessa entità. Qui vi presentiamo un caso clinico per evidenziare le caratteristiche distintive di entrambi e discutere i passi di gestione in queste condizioni. È di vitale importanza che i medici riconoscano l’iperacusia e la fonofobia come entità differenti affinché possano gestirle con successo.
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INTRODUZIONE

La fonofobia è definita come una paura persistente, anormale e ingiustificata nei confronti di un suono. Spesso, questi sono i suoni ambientali normali (ad esempio, il traffico, suoni in cucina, porte che si chiudono, o anche di una voce alta) che non possono in nessun caso essere dannosi. La fonofobia può anche essere collegata, o confusa, con l’iperacusia, che è un’anormale forte reazione al suono, che si verifica all’interno delle vie uditive, a livelli che non preoccuperebbe una persona normale.

CASO CLINICO

Una ragazza di 12 anni si è rivolta ala clinica di Orecchio, Naso e Gola (ENT) riportando acute, elettrizzanti, intensificate sensazioni di rumore in entrambe le orecchie nel momento in cui sentiva rumori forti e improvvisi. Il sintomo è iniziato dopo l’esposizione ad un suono forte improvviso di petardi in una celebrazione del Capodanno cinese svoltosi pochi mesi prima i primi sintomi. Da allora, la ragazza ha iniziato sentire suoni anormalmente intensificati, seguiti da rumori sgradevoli e da un ronzio, ogni volta che era esposta a suoni dalla normale intensità. Ad esempio, il suono di palloncini scoppiati, e il fruscio di un sacchetto di plastica erano quasi insopportabili per lei, al punto in cui da sviluppare palpitazioni, brividi, sudorazione eccessiva e pianto. Ha negato altri sintomi otologici e prima non è mai stata operata all’orecchio. La sua condizione è peggiorata progressivamente tanto che lei voleva solo trascorrere il suo tempo in una stanza tranquilla e non era più partecipe alle sociali a scuola. fonofobia-e-iperacusia-studio-di-un-caso-clinico (1)I suoi genitori hanno negato che lei ha vissuto tutte le comorbilità psichiatriche, e lei era evolutivamente normale fino a questo evento. È stato molto difficile ottenere una storia completa della ragazza in difficoltà, così si è proceduto con le indagini per escludere le cause dell’iperacusia. Un accurato esame clinico otorinolaringoiatra (ORL), comprese valutazioni otologiche e neurologiche, hanno mostrato risultati normali. Successivamente è stata sottoposta a test audiologici che comprendevano l’audiometria tonale, la stapedectomia e i potenziali uditivi evocati, che non hanno mostrato alcuna anomalia. La risonanza magnetica (MRI) del cranio non ha rivelato lesioni nel cervello il percorso uditivo. È stato poi fatto riferimento a uno psichiatra che più tardi, dopo una valutazione psichiatrica approfondita, ha diagnosticato la ragazza con fonofobia in base ai criteri del DSM-IV per la fobia specifica. La ragazza aveva due sedute settimanali di terapia che comprendeva la psico-educazione per i genitori e il paziente, esercizi di rilassamento e la terapia comportamentale con esposizione al fattore scatenante classificato. La psico-educazione permette al paziente di allontanare i suoi problemi, ai genitori di far fronte con rabbia e frustrazione e successivamente partecipare con interventi al comportamento della bambina. Sono adoperate anche tecniche di rilassamento e gli esercizi di respirazione e rilassamento muscolare progressivo. La desensibilizzazione graduata all’esposizione è iniziata con uno stimolo minimo provocato in un primo momento, ad esempio disegnando un palloncino sorridente per poi disegnare un palloncino che scoppia. Dopo che la bambina ha iniziato a stare bene con questo stimolo, esso è stato aumentato fino a far scoppiare palloncini gonfiati nella clinica e a casa con i genitori presenti in qualità di co-terapeuti. Ogni sessione di successo è stata ricompensata di conseguenza. La ragazza ha mostrato grande miglioramento dei suoi sintomi dopo 3 mesi di terapia. A poco a poco, è stata portata in luoghi pubblici (ad esempio, un ristorante) e, infine, è stata portata di nuovo a guardare uno spettacolo di fuochi d’artificio, senza complicazioni derivanti dopo 6 mesi di terapia.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
NCBI

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ilPost, IstitutodiPsicosomaticaIntegrata, Misofonia.com

di Monia De Tommaso

Terapia di Riabilitazione da Tinnitus o Acufene

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La Terapia di Riabilitazione da Tinnitus o Acufene (TRT – Tinnitus Retraining Therapy) utilizza una combinazione di terapia del suono e dei meccanismi di insegnamento / spiegazione / apprendimento, con le indicazioni su come ritornare alla vita normale senza provocare sintomi. Si basa sul lavoro del professor Pawel Jastreboff che ha coniato il termine “misofonia”. La TRT è rivolta principalmente a persone con acufene e iperacusia ma il Prof. Jastreboff ha dimostrato i suoi benefici anche sulle persone che soffrono di misofonia. Va ricordato che il dottor Marsha Johnson ritiene che il Prof. Jastreboff può aver avuto successo con le persone con misofonia che non amano tutti i suoni, ma  non con quelle con la Sindrome di Sensibilità Sonora Selettiva.

misofonia-trattamentoLa TRT si basa essenzialmente sul counseling di tipo medico e non psicologico, associato ad una terapia sonora il cui scopo è quello di innalzare l’attività di base dei neuroni uditivi (l’intensità di un suono percepito non dipende dalla sua energia assoluta ma dalla differenza nell’attività neuronale da esso generata rispetto all’attività di base, cioè al “rumore di fondo” dei neuroni), con il fine di ridurre l’eccitabilità di alcune aree cerebrali e riclassificare come neutra la memoria acustica dell’acufene, cosicché il segnale aberrante sia filtrato e non più percepito.

Dopo aver classificato il problema del paziente e averlo dunque collocato in una categoria precisa, si passa alla terapia sonora: si usano strumenti atti a diminuire l’attenzione corticale verso l’acufene (ovvero diminuirne il volume percepito) avvalendosi di un arricchimento sonoro ambientale continuo grazie all’uso di dispositivi da adeguare a seconda dei casi. L’ambiente sonoro migliore è quello arricchito con suoni della natura (pioggia, mare, vento, ruscello) che non innescano risposte emozionali (in quanto sono suoni neutri). Tra i dispositivi di arricchimento possono essere utilizzate diverse opzioni:

1. Generatori di suono indossabili (i cosiddetti mascheratori)
2. Protesi acustiche (nel caso di ipoacusia)
3. Generatori di suono esterni (in genere per la notte)
4. Fonti sonore ambientali

misofonia-terapiaCiò che è importante ricordare è di non chiudere mai il condotto uditivo esterno. Il volume dei generatori deve essere costante e non deve mascherare l’acufene nè essere fastidioso. Fa eccezione il caso di pazienti con iperacusia, in cui il volume del generatore deve essere aumentato in situazioni rumorose e diminuito in ambiente confortevole.

La fase successiva della terapia, la più importante, è il counseling. Essa consiste in incontri dettagliati col medico perchè il paziente possa avere una spiegazione dettagliata dei meccanismi implicati nell’acufene (quindi del modello neurofisiologico), della strategia terapeutica utilizzata, e una rassicurazione continua su dei fenomeni che possono verificarsi durante la terapia (come l’apparente aumento dell’acufene nelle, fasi iniziali, a causa della stimolazione dei filtri uditivi) ma dei quali non ci si deve preoccupare perchè effetti temporanei. Durante le sedute di counseling possono anche essere utilizzate tecniche di rilassamento profondo o possono essere poste le basi per una terapia di tipo cognitivo comportamentale.

terapia-di-riabilitazione-da-tinnitus-o-acufeneIl counseling deve essere effettuato da un otorino o audiologo (la presenza di uno psicologo è ininfluente non trattandosi di un counseling psicologico). E’ fondamentale che il counseling sia ripetuto a cadenza regolare (tipicamente 1,3,6 e 12 mesi) ed è bene ricordare che il percorso terapeutico varia in base alle esigenze del singolo paziente.

La durata della TRT è variabile e viene mediamente protratta per 12-18 mesi; anche qualora si ottengano risultati in tempi relativamente brevi (6 mesi), se ne consiglia la prosecuzione per complessivamente almeno un anno per evitare ricadute. I risultati sono stabili nel tempo – la TRT è una terapia con una durata definita e risultati permanenti; nei follow-up a distanza di più anni dal termine della terapia, i pazienti risultano stabili, ed eventuali ricadute si risolvono in tempi molto brevi. In letteratura sono riportati risultati positivi nel 60-80% dei casi.

FONTI DELLE INFORMAZIONI:
Acufeni.net, Misophonia, Tinnitus Center

FONTI DELLE IMMAGINI:
MazzMariano, PsicologiaaModena, Analisi Bioenergetica

di Monia De Tommaso