Intervista al dott. Massimo Pezzolato

invervista al dottor massimo pezzolato sulla misofonia

Tempo fa, uno studente di psicologia ci ha chiesto il permesso di proporre un sondaggio ai nostri iscritti misofonici con lo scopo di poter svolgere i suoi studi sulla misofonia e quindi scrivere la sua tesi. Come potete immaginare, i volontari sono stati numerosi e hanno collaborato alla ricerca.

Non potevamo che provare a metterci in contatto con lui e a rivolgergli le domande che, secondo un sondaggio svolto sul nostro gruppo Facebook, avreste posto con più urgenza ad uno specialista nel settore.
Il dottore si è mostrato disponibile a rispondere alle nostre domande e lo ringraziamo ancora della sua collaborazione e del tempo dedicatoci.

Veniamo ora all’intervista.

Io e molti misofonici del nostro gruppo Facebook le siamo grati per come li ha resi partecipi ai suoi studi sulla misofonia. Le vorrei chiedere di spiegarcela (quali erano i suoi obiettivi, quali sono state le sue ricerche e statistiche e quali sono state le sue conclusioni finali, ecc.) nel modo più semplice possibile, di modo da poter essere accessibile a tutti. Con quali metodiche mediche crede che si possa trattare la misofonia?

Grazie a tutti voi per il sincero interesse e la disponibilità che mi avete dimostrato.

La ricerca sulla misofonia a cui molti di voi hanno partecipato è la parte centrale della tesi per la mia laurea magistrale in psicologia. L’argomento mi è stato proposto dalla mia relatrice, la prof.ssa Giuliana Lucci, e io, dopo qualche preliminare ricerca su internet, ho accettato con entusiasmo.

La misofonia è una condizione che, nelle sue forme più gravi, può diventare estremamente invalidante e compromettere pesantemente la qualità di vita delle persone che ne soffrono; i dati che abbiamo finora a disposizione sembrerebbero indicarne un’incidenza abbastanza elevata, ma è solo negli ultimi anni che la comunità scientifica sta iniziando ad interessarsi ad essa e a studiarne le caratteristiche cliniche così come i possibili trattamenti.

Ad oggi non esistono criteri condivisi per la diagnosi di questa condizione, non esistono trattamenti di comprovata efficacia che ne permettano la guarigione, e quei trattamenti che invece sembrerebbero ridurne significativamente la sintomatologia necessitano di ulteriori sperimentazioni e convalidazioni da parte della comunità scientifica.

Proprio per queste ragioni credo sia di fondamentale importanza, nella ricerca sulla misofonia, indirizzare i propri sforzi al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

-sviluppare interventi efficaci nel trattamento della misofonia, flessibili e quindi adattabili alle caratteristiche dell’individuo e allo stesso tempo convalidati da ricerche rigorose effettuate su campioni sufficientemente ampi;

-gettare luce sull’eziologia di questa condizione, in modo da comprenderne meglio i meccanismi ed, eventualmente, prevenirne l’insorgenza;

-delineare una serie di criteri diagnostici condivisi dalla comunità scientifica di modo da poter inserire la misofonia nelle prossime edizioni dei manuali diagnostici maggiormente utilizzati.

Il lavoro di ricerca che costituisce il nucleo centrale di questa tesi è stato progettato concentrandosi sul primo di questi tre fondamentali obiettivi.

Essendo la misofonia caratterizzata da intense reazioni emotive (spesso rabbia, ma anche ansia, fastidio e indignazione), abbiamo pensato che la mindfulness e le terapie che vi si ispirano si sarebbero potute dimostrare efficaci nel trattamento di questa condizione, e che se non altro avrebbero potuto aiutare i pazienti misofonici a meglio convivere con la loro condizione invalidante.

Il termine “mindfulness” può riferirsi ad un ampio ventaglio di significati: un insieme di tecniche meditative di derivazione buddista, uno stato mentale da coltivare, un tratto di personalità più o meno pronunciato o uno stile di vita improntato alla ricerca spirituale. Qui parlo di mindfulness facendo riferimento direttamente a quegli approcci terapeutici in cui l’insegnamento e la pratica di tecniche meditative hanno un ruolo centrale, e in cui viene data particolare importanza all’osservazione equanime della propria esperienza presente e alla sua accettazione, per quanto questa possa apparire talvolta inaccettabile. L’accettazione a cui mi riferisco non è una passiva rassegnazione, è piuttosto lo sviluppo di una predisposizione a vedere le cose così come sono, senza sprecare inutilmente le proprie energie nel diniego e nella resistenza, realizzando che paradossalmente è proprio questo il primo passo nella direzione di un concreto cambiamento.

La chiave dell’efficacia dei protocolli terapeutici che si ispirano alle pratiche ed ai principi della mindfulness (che già si stanno dimostrando efficaci nella cura di numerose patologie, come i disturbi d’ansia, dell’umore, dell’alimentazione e le dipendenze), sta proprio nella possibilità di poter imparare una nuova modalità con cui approcciarsi anche alle situazioni più spiacevoli, della nostra vita, assumendo un punto di vista equanime, imparziale, votato all’accettazione invece che al conflitto. Attraverso la mindfulness è possibile imparare a “vivere nel momento presente”, sviluppando qualità come la curiosità, l’apertura e l’accettazione, e allo stesso tempo indebolire la presa con cui spesso i nostri schemi mentali ci incatenano.

Per vedere se approcci di questo tipo potrebbero risultare efficaci nel trattamento della misofonia abbiamo pensato di iniziare col verificare se effettivamente ci fossero delle differenze nel tratto di personalità mindfulness tra i soggetti misofonici e quelli non misofonici. In altre parole volevamo vedere se e quanto chi soffre di misofonia si differenzia da chi non ne soffre per quanto riguarda, ad esempio, l’attitudine ad affrontare la vita con un atteggiamento non giudicante.

Per scoprirlo abbiamo proposto un questionario che ci ha permesso di quantificare e misurare vari tratti di personalità (tra cui appunto il tratto mindfulness), assieme alla gravità della sintomatologia misofonica. Abbiamo raccolto le risposte di 84 soggetti volontari e li abbiamo divisi in tre gruppi in base alla gravità della loro sintomatologia misofonica (subclinica, lieve-moderata e severa-grave). Dai risultati che abbiamo ottenuto sono emerse delle differenze significative nei punteggi ottenuti dai tre gruppi. In particolare abbiamo visto che con l’aumentare della gravità della sintomatologia misofonica aumenta anche la tendenza dei soggetti a giudicare i propri pensieri, sensazioni, emozioni, esperienze, e quindi ad attribuirvi un significato positivo o negativo. I soggetti misofonici hanno mostrato di avere anche una spiccata tendenza all’osservazione di ciò che li circonda così come dei propri stati interni. Questi risultati ci hanno permesso di concludere che un intervento basato sulla mindfulness possa essere una valida alternativa per il trattamento della misofonia, soprattutto se l’intervento venga focalizzato maggiormente sullo sviluppo di accettazione e di un attitudine non giudicante.

Mi auguro che questa lavoro possa fornire degli spunti importanti per una migliore comprensione di questa condizione, assieme ad indicazioni utili al prosieguo della ricerca sulla misofonia.

La mia attività di ricerca su questa condizione non finisce comunque qui, infatti sto continuando a raccogliere dati per poter rendere più solidi i risultati di cui vi ho parlato, così da poterli esporre attraverso un articolo scientifico. Sarebbe inoltre molto interessante testare direttamente l’efficacia di un protocollo terapeutico basato sulla mindfulness specificamente pensato per il trattamento della misofonia (nella mia tesi descrivo la possibile strutturazione di un simile intervento).

Con quali metodiche secondo lei sarebbe possibile trattare la misofonia?

In base ai risultati della mia ricerca sembrerebbe che gli approcci del filone della mindfulness potrebbero rivelarsi utili anche nel trattamento della misofonia. Ad oggi l’unico tentativo di questo genere che ho trovato in letteratura è quello di un caso clinico[1] in cui un ragazzo di 17 anni ottenne dei miglioramenti importanti con la sua sintomatologia misofonica dopo 10 sedute di una terapia basata sulla mindfulness e sull’accettazione specificatamente progettata per questa condizione. I miglioramenti del ragazzo sembrano essere stati duraturi, infatti la riduzione dei sintomi veniva confermata anche nel follow-up effettuato sei mesi dopo la fine del trattamento.

Risultati positivi sono stai ottenuti anche con altri tipi di terapie cognitivo-comportamentali.

Mentre lavoravo alla tesi ho anche avuto la fortuna di poter intervistare il dottor Vannetiello. Con lui ho fatto un’interessantissima chiacchierata sulla neurologia funzionale; sembrerebbe proprio che anche questo sia un approccio molto promettente nel trattamento della misofonia. So che una utente del gruppo facebook “Coscienza misofonica” ha fatto qualche sessione con lui con ottimi risultati.

Quali risultati crede che si possano raggiungere con le metodiche da lei indicate?

Le metodiche di cui vi ho parlato mirano più alla riduzione del danno che alla completa guarigione. Il caso clinico del ragazzo di 17 anni che ho citato prima sembrerebbe indicare che queste tecniche possono portare ad una notevole riduzione della sintomatologia e soprattutto dell’impatto negativo di questa sulla vita del paziente. Se è vero che non possiamo controllare 24 ore su 24 le persone che ci circondano e i rumori a cui siamo esposti, possiamo però imparare a gestire meglio il modo in cui li interpretiamo e quindi il modo in cui vi reagiamo. Sembrerebbe che spesso i misofonici interpretino in maniera negativa i suoni trigger; li vedono come una mancanza di rispetto nei loro confronti o come un segno di estrema maleducazione. Un’interpretazione di questo tipo amplifica quella che potrebbe essere una predisposizione fisiologica o una maggiore sensibilità innata. Questi giudizi o queste interpretazioni negative possono avvenire automaticamente, magari senza che ce ne rendiamo conto, ma coll’allenamento è possibile imparare a riconoscerli, ad anticiparli e magari a sostituirli con delle descrizioni oggettive dell’accaduto, più neutre, e meno disturbanti. Questo è solo un esempio delle strategie adottate nel lavoro condotto sul misofonico a cui ho accennato prima, non è un lavoro facile e richiede molto impegno, costanza e determinazione, oltre che l’appoggio e la guida di un professionista.

Come può, secondo lei, un misofonico cercare di migliorare la sua vita nel quotidiano?

Penso sia importante parlarne con chi ci sta accanto, cercare la loro comprensione, spiegare che cosa è la misofonia, chiedere quando è possibile di evitare di produrre i trigger.

E’ importante non demoralizzarsi e, qualora la gravità della situazione lo richieda, chiedere l’aiuto di un professionista.

Frequentare gruppi (anche virtuali, come nel caso di Coscienza misofonica) di persone accomunate dalla stessa condizione problematica può essere un aiuto importantissimo; in un gruppo del genere potete trovare sostegno, consigli, conforto nei momenti più difficili, spunti per migliorare il modo in cui affrontate la vostra sintomatologia.

Può essere utile iniziare a praticare quotidianamente la meditazione; su internet è possibile trovare tutte le istruzioni necessarie, con tanto di musiche di sottofondo e meditazioni guidate. Se imparate a raggiungere uno spazio di serenità e pace, inizialmente nella tranquillità e nel silenzio di casa, potrete piano piano imparare a riconnettervi a questo spazio con sempre maggiore facilità, anche in situazioni via via più impegnative, e, se vi applicherete con costanza e dedizione, magari un giorno vi accorgerete che quella stessa situazione che prima vi sarebbe sembrata insopportabile, ora vi scivola via senza neanche lasciare traccia.

Come intervenire sui bambini misofonici?

Non so rispondere a questa domanda, ma penso che, con i dovuti accorgimenti, le metodiche di cui vi ho parlato potrebbero essere applicate anche nel trattamento dei bambini misofonici.

Sa qualcosa in merito al riconoscimento della misofonia dal Ministero della Sanità?

Non ne sono al corrente. Mi auguro che la misofonia venga presto riconosciuta non solo dal Ministero della Sanità, ma anche nei manuali diagnostici psichiatrici su cui ancora non è possibile trovare questo disturbo.

[1] SCHNEIDER R.L., ARCH J.J., Case Study: A Novel Application of Mindfulness- and Acceptance-based Components to Treat Misophonia, in “Journal of Contextual Behavioral Science”, vol. 6, issue 2 (2017), 221-225;

Ringrazio ancora il dott. Pezzolato per la sua collaborazione e del tempo che ci ha dedicato.

 

FONTE DELL’IMMAGINE:
Freepik

di Monia De Tommaso

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Intervista al dott. Luca Vannetiello

immagine del sito misofonia.com per l'intervista al dottor luca vannetiello

Tempo fa, un’iscritta al nostro gruppo Facebook Coscienza misofonica, ci ha segnalato il dott. Vannetiello, chiropratico e neurologo funzionale, dicendoci che aveva avuto riscontri positivi con un trattamento che aveva iniziato con lui. Non potevamo che provare a metterci in contatto con lui e a rivolgergli le domande che, secondo un sondaggio svolto sul nostro gruppo Facebook, avreste posto con più urgenza ad uno specialista nel settore.
Il dottore si è mostrato disponibile a rispondere alle nostre domande e lo ringraziamo ancora della sua collaborazione e del tempo dedicatoci.

Qualora aveste domande da porgli, potete trovare informazioni su di lui nella nostra sezione dedicata agli Indirizzi utili.

Veniamo ora all’intervista.

Che cosa è per lei la misofonia?
Non si può rispondere a questa domanda da un punto di vista oggettivo, in quanto la Misofonia è un problema neurologico per il quale alcuni soggetti hanno una reazione eccessiva con caratteristiche di rabbia, insofferenza in risposta a determinati suoni. In genere i tipi di suoni che generano le reazioni eccessive sono il masticare, il battere dei denti su una posata, deglutizione forzata, ma anche suoi improvvisi, battere una porta, traffico, clacson. In altre parole si ha un fastidio fisico, reale rispetto ad un suono che comunemente non innesca questa risposta. Un po’ tutti siamo misofonici per alcuni suoni, diciamo universalmente fastidiosi, come quando il gesso sulla lavagna stride con quel caratteristico fischio. Tuttavia si tratta di “patologia” quando la reazione avvviene per suoni meno estremi e più quotidiani.

Che cosa è la misofonia da un punto di vista neurologico?
Bisogna fare una serie di ragionamenti per poter rispondere a questa domanda e potersi orientare poi nei tentativi terapeutici perché questi ultimi non sono uguali per ciascun individuo ma necessariamente unico per ciascun paziente. Il primo ragionamento è sul funzionamento generale del cervello. Il cervello ha una globale attività inibitoria. Cioè se io ho il braccio rilassato non è perché il cervello è spento, ma sta attivamente inibendo il movimento del braccio. Come se tenesse un freno. Quando io voglio muovere il braccio il freno viene tolto e viene rimesso quando ho smesso il compito motorio. Se un individuo ha un’ictus e una parte del cervello muore, perde la sua attività inibitoria e il braccio diventa spastico. Non si riesce a rilassare. Lo stesso avviene anche con i suoni. Se non andiamo in giro sentendo voci o canzoni o suoni è perché il cervello tiene inibite le aree cerebrali dove noi conserviamo i suoni che conosciamo, le canzoni che abbiamo ascoltato fino alla nausea da adolescenti/giovani adulti. Infatti ci sono individui (in genere anziani) che sentono delle canzoni della propria infanzia nella testa e non sono in grado di spegnerle. Secondo ragionamento: il cervello è un ricevitore e un trasmettitore. Riceve stimoli di diversa natura e risponde sempre con attività motoria. Quindi se qualcuno mi chiama io mi giro (mi muovo) anche se qualcuno mi fa una domanda io nel rispondere lo faccio attraverso una risposta motoria. Se mi arriva una forte luce chiudo gli occhi e indietreggio. Se vengo spinto metto le mani avanti per pararmi ecc.
Terzo ragionamento: il nostro cervello ha un’area centrale che è molto antica che chiamiamo area limbica, dove istantaneamente decidiamo che reazione avere da un punto di vista emotivo a ciascun tipo di stimolo. Si dice che ogni stimolo prima di dare una risposta motoria deve avere un’attribuzione limbica. In altre parole, se una persona mi mette una mano sulla spalla, io devo sapere e decidere se è una minaccia o un gesto di fratellanza. La mia risposta motoria (di fuga, attacco, paura, o calma serenita, felicità) dipende dall’attribuzione limbica che quello stimolo riceve.
Nei soggetti misofonici l’attribuzione limbica per determinati suoni è preferenziale verso la rabbia e il fastidio e l’insofferenza. In termini neurologici a volte questo fenomeno viene descritto come “Escape” (fuga). Questo meccanismo è sfuggito al controllo inibitorio cerebrale e alle altre caratteristiche di attribuzione limbica per cui la reazione è sempre la stessa, uguale a se stessa, invincibile e non si trova il modo di reagire diversamente allo stesso stimolo sonoro. Quarto ragionamento: i movimenti oculari sono uno specchio del funzionamento del cervello. Noi possiamo mappare l’integrità del sistema nervoso centrale attraverso l’osservazione e l’analisi dei movimenti degli occhi. Queste conoscenze sono molto vecchie anche se negli ultimi 10-15 anni la ricerca ci ha fornito dettagli e precisione incredibili.

Con quali metodiche tratta la misofonia? In cosa consistono i suoi trattamenti?
Vengono usate strategie di Neurologia Funzionale. Si parte ovviamente da un esame clinico per verificare quali sono i deficit neurologici presenti e come questi correlano con i circuiti interessati dalla misofonia (un “fuga” dei circuiti mesolimbici) e correggerli. I trattamenti sono estremamente individualizzati perché il quadro neurologico di ciascun individuo è unico. Le strategie includono, non limitandosi a, esercizi oculari, esercizi oculari associati a suoni. Stimolazioni vestibolari, stimolazioni cerebellari, esercizi di memoria, manipolazioni vertebrali.

Quali risultati ha ottenuto con i suoi trattamenti?
Io al momento ho visitato due pazienti misofonici (il che considerando la poca conoscenza del fenomeno credo che sia un buon numero) con buoni risultati in termini di minore intensità della rabbia per alcuni suoni e abolizioni di risposte rabbiose per altri. Come ad esempio il vociare o rumori di fondo della strada mentre ho riscontrato riduzione nella risposta ai suoni della masticazione.

Come può, secondo lei, un misofonico cercare di migliorare la sua vita nel quotidiano?
Io consiglierei di dichiarare il proprio problema nel modo più sereno possibile agli interlocutori in modo da non stupire gli altri con le proprie reazioni. E sopratutto cercare l’aiuto di un collega che si occupi di Neurologia Funzionale che possa affrontare il problema in modo specifico.

Come intervenire sui bambini misofonici?
Allo stesso modo con cui intervego con gli adulti.

Sa qualcosa in merito al riconoscimento della misofonia dal Ministero della Sanità?
No, non ne sono a conoscenza.

FONTE DELL’IMMAGINE
Fizjo System Szkolenia

di Monia De Tommaso

Perché la misofonia è un Disturbo di Elaborazione Sensoriale e non un disturbo della rabbia

misofonia-disturbo-elaborazione-sensoriale

Come esseri umani ci facciamo più facilmente alle cose che sperimentiamo in prima persona.

Come il dolore generato dalla punta di un ago… Ognuno di noi conosce la sensazione di quel dolore pungente.

Quando vediamo che succede ad altri, quasi sentiamo una scossa fisica nei nostri corpi. Sappiamo esattamente come la persona si sente …

Diamo loro qualche minuto di tempo per riprendersi e poi mostriamo loro compassione. Se ci sentiamo particolarmente bene, possiamo anche offrire loro una tazza di tè.

Viviamo questa empatia perché ciò che è appena accaduto è nel nostro regno di esperienza. Abbiamo fatto tutto, abbiamo tutti sentito e ce l’abbiamo.

Ma cosa succede quando abbiamo a che fare con qualcosa di meno chiaro? Qualcosa della quale abbiamo avuto esperienza…ma non esattamente.

Come il dolore alla schiena per esempio.

Diciamo che hai sperimentato un mal di schiena, ma non dolore cronico della schiena. È possibile identificare quanto frustrante e limitante possa essere avere un mal di schiena … ma non capisci completamente come sia svegliarsi con dolori gravi alla schiena tutti i giorni per settimane e settimane…

… e tutti gli effetti collaterali che vengono con esso. Il mal di testa, le alterazioni dell’umore, la nausea che può venire con l’assunzione di troppi antidolorifici.

Potresti non essere in grado di relazionarti direttamente con te tesso e sai che c’è qualcosa che non va.

Hai amici, colleghi o familiari che soffrono di mal di schiena cronico e sapete che è reale, tanto da poter sentire il loro dolore.

In questi due esempi abbiamo esaminato due risposte umane comuni:

  1. Empatia: quando abbiamo esperienza diretta di qualcosa che sta attraversando un’altra persona.
  2. Compassione: quando abbiamo un’esperienza indiretta di qualcosa che sta attraversando un’altra persona. (Questo potrebbe avvenire attraverso le conversazioni con gli altri o attraverso la lettura o la ricerca).

Entrambi richiedono esperienza o qualche livello di comprensione.

Ora facciamo qualcosa di drastico … togliamo sia l’esperienza che la comprensione dall’equazione.

La misofonia è un concetto così alieno che per i non sofferenti può essere difficile da comprendere.

Per la maggior parte delle persone la cattiveria non ha semplicemente senso.

Il suono causa dolore, frustrazione, rabbia …? Veramente? Coooooosa?

È come se ti dicessero che il cappello che indossi sta causando dolore fisico a qualcun altro. Suona davvero strano alle persone che non hanno o non hanno familiarità con il disordine.

Dimenticate un momento la misofonia e date un’occhiata a queste due affermazioni:

  1. Il modo in cui indossi il cappello sulla tua testa mi provoca dolore fisico
  2. Il modo in cui mangi la tua zuppa con un cucchiaio mi provoca dolore fisico

Entrambe suonano abbastanza insolite se non avete mai sperimentato quella sensazione o non avete studiato nessuna delle due condizioni.

Ma accade una cosa strana…

Ci sono alcuni elementi della misofonia ai quali le persone senza il disordine possono relazionarsi immediatamente.

Sono i sentimenti secondari come la rabbia, la frustrazione, la paura e il turbamento che possiamo sentire durante un episodio misofonico.

Queste sono emozioni e sentimenti che tutti, in tutto il mondo, riconoscono. Purtroppo questo è anche un problema.

Quando discutiamo di misofonia, è la sensazione secondaria che tende ad essere colta al volo:

“I SUONI TI FANNO ARRABBIARE! QUESTO È UN DISTURBO DELLA RABBIA! SEI UNO PSICOPATICO CHE BRANDISCE UN’ASCIA!

La misofonia non è un disturbo della rabbia. Ecco una definizione di disordine di rabbia da qualcuno che ha passato una vita a studiarli:

“I disturbi della rabbia descrivono comportamenti patologicamente aggressivi, violenti o auto-distruttivi sintomatici e guidati da una rabbia o dalla rabbia sottostante o cronicamente repressi”. Stephen A. Diamond Ph.D, –  Psychology Today

Il punto da notare qui è “la rabbia sottostante o cronicamente repressa”, o in altre parole, rabbia conservata. Questo è un disordine diverso.

Non c’è più rabbia in qualcuno che ha la misofonia rispetto a chi non è misofonico.

Questa confusione, pur comprensibile, è estremamente dannosa per i malati. Soffoca i nostri progressi nella spiegazione e nello sviluppo di trattamenti per il disordine. Inoltre lo rende molto più difficile da comprendere per aiutare i genitori e i cari.

Stiamo perdendo un passo cruciale: la rabbia, la paura o la frustrazione è il sottoprodotto, non la causa.

Ma mettiamo la misofonia da parte per un attimo.

Immaginate per un momento di avere una disabilità che richiede di utilizzare una sedia a rotelle.

È un lunedì mattina freddo e umido e state andando a fare un colloquio di lavoro per il quale siete emozionati. Vi siete svegliati presto, avete tutto pronto e avete pianificato il vostro percorso in modo da poter arrivare in tempo.

Tutto va bene, siete in anticipo. Sapete che siete a pochi minuti dalla vostra destinazione finale e vi sentite abbastanza felici … Ma non appena arrivate sul marciapiede, vi rendete conto di essere intrappolati.

 

Non c’è una rampa.

Vi guardate freneticamente intorno e vi rendete conto che non c’è affatto accesso a sedie a rotelle. L’unico modo per scendere dalla piattaforma e per strada è attraverso un enorme scalino e non c’è nessuno in giro per aiutarvi.

Anche se poteste trovare qualcuno, ci vorrebbero almeno 15 minuti per far sì che tu sia seduto sulla poltrona di quella scala.

Qualunque cosa succeda, perderai la tua intervista.

In quel momento avvertite salire il panico … e poi un’onda di paura, rabbia e frustrazione. Paura che voi siate bloccati … la rabbia e la frustrazione di non avere alcun controllo sulla situazione.

La ragione per cui si sentono tutte queste cose è perché siete in un ambiente ostile. Ancora una volta, questo è uno scenario sul quale non avete alcun controllo. Non potete magicamente far funzionare le gambe e non potete controllare il paesaggio.

Se doveste urlare, tirare pugni o piangere, questo non sarebbe “strano”, ma sarebbe completamente comprensibile.

L’accusa di avere un “disturbo della rabbia” in questo scenario sarebbe ingiusto. Siete in una situazione vulnerabile (e voi siete senza colpa). Siete nel panico e frustrati. Quando la gente è in panico e frustrata ha una risposta emotiva.

È lo stesso per il malinteso.
La misofonia è un disturbo neurologico (teoria più accettata e sostenuta dai recenti studi) che influenza il modo in cui alcuni suoni entrano nel cervello e vengono elaborati.

La misofonia è un’ipersensibilità a determinati stimoli sonori (suoni specifici) nell’amigdala.

Cos’è l’amigdala?

È una delle parti più antiche del cervello ed è responsabile del rilevamento delle minacce.

Quando l’amigdala elabora un suono che percepisce di essere una vera minaccia, accende l’interruttore di allarme. Lo fa automaticamente. Questo è molto importante. Non è qualcosa che puoi accendere o spegnere manualmente. Non è una scelta, non è qualcosa che puoi evitare facendo uno sforzo cosciente.

Quando questo allarme viene attivato, si stabilisce quello che è conosciuta come risposta “di lotta o fuga”.

Questa è la stessa risposta che esitiamo quando siamo in imminente pericolo fisico. Per esempio se sei improvvisamente affrontato da un uomo con un coltello. Possono essere coinvolti stimoli diversi, ma è la stessa risposta neurologica.

Le persone con misofonia hanno un’ipersensibilità a certi suoni.

Ora, non sappiamo esattamente quale forma di ipersensibilità attivi questa fase. È probabile che dipenda dal suono che entra nell’amigdala (l’ingresso) o viene elaborato da essa (l’uscita). All’interno di questi argomenti, ci sono ancora domande più profonde. Sia il timbro di certi suoni … la frequenza … il modello ripetitivo … o una combinazione. La misofonia può anche essere legata alla sinestesia e ad un collegamento involontario di diversi sensi.

Ci sono studi specifici in corso che stanno cercando di affrontare queste domande e vi aggiorneremo non appena ne sapremo di più.

Finiamo con un altro esempio. Vogliamo insistere su quanto sia assurdo vedere la misofonia come un disordine della rabbia.

Immaginate di avere l’appendicite e che qualcuno continui a colpirvi all’altezza dell’appendice.

A parte il dolore ovvio, come vi farebbe sentire?

A meno che voi non abbiate una pelle di titanio, vi farebbe arrabbiare molto.

Ma non vi farebbe arrabbiare perché avete un disordine di rabbia. Vi farebbe arrabbiare perché provate del dolore che qualcuno vi sta causando più volte.

Come la misfonia.

Se possono vedere o sentire una disabilità o un disordine le persone tendono a “capirla”.

Purtroppo, quando si tratta di disturbi neurologici, per le persone che non ne soffrono è più difficile da capire.

Se le persone potessero vedere i centri nervosi che illuminano il cervello di un misofonico quando sente certi suoni scatenanti, andrebbe avanti per demistificare la condizione. Avrebbe più senso immediato per le persone.

La buona notizia è che possiamo farlo nei laboratori costosi utilizzando scansioni fMRI, ma ovviamente queste informazioni non sono sempre facilmente accessibili a famiglie e amici.

La misofonia può essere un disordine crudele. Spesso crea turbamenti e tensioni e divisioni nei nostri rapporti attraverso incomprensioni. Quando qualcuno con misofonia reagisce irrazionalmente ad un certo suono non è perché ha un disordine della rabbia. Non perché è arrabbiato con quella persona che gli ha scatenato la reazione. È perché quel suono (sia che provenisse dalla mamma, da un collega o dal migliore amico) ha innescato involontariamente una risposta di “lotta o fuga”.

Questo è un sentimento confuso e travolgente e stressante per il misofonico. Nel incremento dell’emozione, con il cuore che colpisce e il cervello che lavora all’esterno, l’istinto spesso si attiva nel disperato tentativo di fermare il suono incriminato.

Se possiamo essere consapevoli della condizione, e riconoscere quanto strano e sconosciuto debba sembrare agli altri, possiamo evitare un sacco di ferite e incomprensioni. Possiamo aiutarli a comprendere il disordine e rendersi conto che la loro insofferenza non è generata perché sono pazzi e allo stesso tempo non è causata da una colpa altrui.
Quando fuggiamo, o tappiamo le nostre orecchie con le mani, non è perché siamo arrabbiati o sconvolti con loro come persone – sono i suoni.

Misofonia: 5 consigli sui meccanismi di difesa

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Attualmente non esiste alcuna cura per la misofonia. È importante tuttavia notare che i meccanismi di difesa possono essere molto utili. Tuttavia, nel frattempo ci sono alcune grandi cose che puoi fare per mantenere la calma. I suggerimenti di difesa dalla Misofonia che vi suggeriremo, potranno aiutarvi a vivere una vita significativa, nonostante la condizione difficile.
Innanzitutto, il dottor Stephen Porges (uno stimato ricercatore) ritiene che le iniquità della misofonia diventino insopportabili e continuino ad essere così anche quando pensiamo di essere “calmi”; per questo motivo, è improbabile che la CBT o qualsiasi altra terapia “cognitiva” funzionerà.

La Duke University afferma che non esiste alcun trattamento e che la sperimentazione di queste “cure” potrebbero potenzialmente peggiorare il disordine.

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Ci sono dei suggerimenti di difesa che vorremmo darvi e che possono esservi utili.

  1. Provate una dieta sensoriale che è stata sviluppata per il disordine di elaborazione sensoriale. La Fondazione SPD (Sensory Processing Disorder, ovvero Disturbo dell’Integrazione Sensoriale) ritiene che possa esistere una connessione tra la Misofonia e SPD. Se questo è vero, una dieta sensoriale (che consiste in una serie di attività) può aiutare a collegare il cervello e i muscoli; questo tipo di programma va insieme al lavoro del dottor Stephen Porges. È possibile trovare un esempio di una dieta sensoriale, scritta da uno specialista.
  2. Trovate professionisti che capiscano, (o almeno siano empatici), il vostro disordine. In Italia non ci sono molti centri ma stanno aumentando.
  3. Mentre non esiste un codice diagnostico per la misofonia, potete chiedere al vostro terapista o al medico di aiutarti ad avere un certificato medico esonerativo. Una lettera ben scritta può aiutarvi a indossare cuffie in classe o al lavoro, avere una scrivania separata dagli altri e trovare modi significativi per aiutarvi a far fronte a questa sensibilità.
  4. Non siate troppo duri con voi stessi. Avete una condizione reale e, benché non sia ancora ben conosciuta dal mondo, è giusto che voi non vi sentiate in grado di svolgere diverse funzioni. Accettandovi, potreste essere in grado di far fronte al meglio alle vostre giornate.
  5. Conversate con la famiglia e gli amici per raccogliere il loro sostegno. Se una persona vi ama, non dovrebbero farvi del male. Condividete le risorse con loro in modo che capiscano che non state mentendo e speriamo che verranno a compromessi con la vostra sensibilità.
  6. Utilizzate risorse come la Consapevolezza della Misofonia per aiutare i vostri difensori. Considerate di contribuire a finanziare la ricerca o la donazione per lo studio sulla Misofonia. Quante più persone capiscono il disordine, meglio sarà per la comunità di misofonici.
    Nel mondo della ricerca è interessante notare che il dottor Joseph LeDoux, un importante neuroscienziato, sta esaminando la possibilità di una “terapia di riconsolidazione della memoria”. Questo, in futuro, potrebbe cambiare la vita dei misofonici.

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In questo articolo, condividiamo 5 consigli per difendersi dalla misofonia suggeriti dal sito Misophonia International.

La misofonia può essere difficile da affrontare. Lo sappiamo tutti. Ma come facciamo ad affrontarla? Questo video riassume i loro suggerimenti per farvi fronte.

Vi suggeriamo dunque dei passi che potrebbero esservi utili.

1. Un paio di auricolari con la musica
2. Scelta della propria stanza posizionata di modo che sia isolata, insonorizzata, o quantomeno non inneschi con frequenza.
3. Prepararsi in anticipo per esperienze intime che probabilmente porteranno all’innesco (come cene familiari). Dovreste spiegare alla famiglia / amici il disturbo (ma non farlo quando viene attivato)
4. Gestite lo stress (distendetevi, guardate film, fate dei bagni)
5. Se potete, allontanatevi da ciò che potrebbe innescarvi.

Capiamo che non tutti possono reagire allo stesso modo alle situazioni. Vi incoraggiamo a sostenere la vostra salute e a scoprire che cosa vi aiuta. Una volta fatto, dovreste proteggervi cercando di trovare il miglior equilibrio possibile. Per affrontare questo disturbo dobbiamo contare prima di tutto sulle nostre spalle. Ovviamente, questi suggerimenti per affrontare la misofonia sono solo dati per aiutarti a considerare le tue opzioni. Dovreste parlare con un medico di qualsiasi cambiamento di stile di vita che desiderate fare.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
MisophoniaInternational

FONTE DELLE IMMAGINI:
la rete

di Monia De Tommaso

 

Esplorando il ruolo dell’amigdala nella Misofonia

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Una delle teorie di studio relative ai meccanismi sottostanti la misofonia è che stimoli uditivi possono essere erroneamente interpretati dal cervello come pericolosi, o minacciosi. Come tale, il cervello risponde come farebbe se fosse realmente in pericolo. Quando siamo in pericolo, i nostri sistemi di immobilità/lotta/fuga [I] sono disattivati. Quando invece siamo in una situazione di pericolo, invece, il nostro sistema nervoso autonomo (involontario) viene attivato, o eccitato.
Quando il nostro sistema nervoso involontario è sollecitato, avvengono cambiamenti ormonali fisiologici e se ne verificano altri (ad esempio, il sangue viene ridistribuito tutto il nostro corpo, la frequenza cardiaca aumenta, ecc.) per permetterci di “fuggire” dal pericolo apparente o “combattere”, se dobbiamo.
Questo è un sistema che tutti i mammiferi hanno e che è stato conservato dall’evoluzione. [II] I sentimenti che proviamo come risultato del sistema di lotta/fuga sono associati al desiderio di “allontanarsi dagli stimoli incriminati (audio o visivi), o irritanti, che scatenano rabbia. In altre parole, l’irritazione e la rabbia che proviamo di fronte a suoni che sono nocivi probabilmente sono la manifestazione della risposta fisiologica di lotta/fuga. È difficile separare i nostri sentimenti fisiologici dalle nostre emozioni, che è il motivo per cui è importante guardare come le aree del cervello reagiscono al suono e ad altri stimoli.
La risposta di lotta/fuga è mediata da una parte del cervello chiamata amigdala. Al laboratorio LeDoux, alla New York University, Joseph LeDoux e dei suoi colleghi hanno studiato l’amigdala per decenni. Hanno fatto un lavoro pionieristico su questa parte del cervello che media l’attacco/fuga, e si occupa anche dei processi neurali legati alla memoria e alla paura. L’amigdala è anche coinvolta con la memoria.

Joseph E. LeDoux

Joseph LeDoux

In termini di misofonia, a prescindere dal fatto che uno sia nato o meno col disturbo, gli individui generano ricordi nei quali una risposta di lotta/fuga del corpo è associata a suoni particolari. Inoltre, alcuni di noi possono nascere con un sistema di sensibilità più elevata, o può semplicemente essere più sensibile agli stimoli uditivi. Pertanto, alcuni di noi possono essere più vulnerabili a formare queste memorie.
Una volta che si formano queste memorie, esse sono simili a ricordi traumatici (anche se non sono come i ricordi del trauma in quanto non v’è alcun evento traumatico associato). Tuttavia, la ricerca preliminare suggerisce che stimoli uditivi (o suoni misofonici) attivano automaticamente il sistema nervoso autonomo e le risposte di lotta/fuga, lasciando che le persone con misofonia si sentano arrabbiate o intrappolate da suoni o altri stimoli per nessun motivo apparenti.
In un’analisi degli stimoli uditivi che sono più nocivi per le persone con misofonia, ho notato che gli stimoli ripetitivi sono una caratteristica comune.
Normalmente, per verificare come queste associazioni di memoria siano realizzate, il campione (roditore) utilizzato viene testato in un tipico paradigma di apprendimento.

Lorenzo Diaz-Mataix

Lorenzo Diaz-Mataix

Cioè, al roditore si “insegna” ad associare un suono a uno stimolo sgradevole. Poi la situazione è invertita, e alla fine il roditore disimpara questa risposta (la dimentica o si assopisce).
Il Dr. LeDoux ha lavorato per molti anni per invertire questi ricordi associati. Lo ha fatto nell’ambito della “scienza di base”. Le neuroscienze di base si sforzano di guardare ai processi specifici del cervello che possono quindi far conoscere popolazioni tipiche e atipiche, e quindi numerosi disturbi.
Poiché la terapia di esposizione tipica, e le terapie che hanno fatto affidamento sulla ri-associare degli stimoli con eventi o altri stimoli, generalmente non mostrano i risultati che sono di lunga durata per i disturbi come la PTSD, o anche le fobie, LeDoux ha cercato altri modi nel cervello per cambiare l’associazione tra la risposta attivata automaticamente una volta che è stata associata ad un particolare stimolo. Questo è chiamato processo di ricompattamento della memoria.
Che ci crediate o no, ogni volta che recuperiamo una memoria dal nostro sistema di memoria a lungo termine, esso si altera leggermente. Questo è qualcosa che nel laboratorio LeDoux è stato scoperto all’inizio del millennio. Ciò è contrario alle idee precedenti sulla memoria secondo le quali una volta formatasi una memoria questa fosse stabile e sempre recuperabile.
Utilizzando la riconsolidazione della memoria, LeDoux e colleghi hanno già dimostrato che la risposta fisiologica automatica agli stimoli (o una memoria in materia di suono in misofonia) può essere cambiata in modo semplice. La maggior parte dei terapeuti comportamentalisti si basano sull’esposizione a stimoli avversi per desensibilizzare le persone al trauma (in questo caso un rumore, un suono specifico o la ripetizione di un rumore), o reimparare un’associazione tra un suono e una persona particolare, ecc. Spesso sono in grado di ottenere risultati, e se ciò avviene, essi non durano. Questo è per via della memoria.
Tuttavia, nel laboratorio di LeDoux questo problema con la memoria è stato risolto molti anni fa utilizzando modi che subconscio ha di cambiare la memoria mentre si riconsolidava. Credo che questa sia la terapia più promettente per curare la misofonia.
Nel suo studio alla New York University presso il LeDoux Lab, il Dr. LeDoux e il Dr. Lorenzo Díaz-Mataix stanno studiando due parti dell’amigdala al fine di vedere dove il problema può sorgere per quanto riguarda l’iper sensibilità uditiva, o misofonia.
L’amigdala laterale è la parte della struttura del cervello dove il suono (o altre informazioni sensoriali) entra e l’amigdala centrale è la parte in cui i segnali vengono inviati, e che inviano il messaggio “far partire o non far partire” la lotta o la fuga. Uno dei ruoli dell’amigdala centrale è di mediare la valenza (assegnazione positiva o negativa) alle informazioni sensoriali. Tuttavia il cervello funziona in modo interconnesso e molto complesso, e ci sono altre regioni del cervello soggette alla misofonia. Dal momento che sappiamo che l’eccitazione autonoma (involontaria) del sistema nervoso è coinvolta nella malattia, sappiamo che l’amigdala è certamente una regione alla quale dovremmo prestare attenzione. In questo studio il Dr. Díaz-Mataix ha separato i roditori secondo il loro livello di iper-sensibilità agli stimoli ripetitivi. I roditori naturalmente si sono divisi in gruppi di responder estremi, responder gravi, responder tipici e responder bassi. Ciò significa, che anche nei roditori sembra che ci sia un range che va dall’estrema sensibilità alla bassa sensibilità agli stimoli uditivi ripetitivi (così come sembra accadere con le persone). Le persone con misofonia sarebbero come i roditori del gruppo responder estremi. I risultati mostrano che i responder estremi hanno meno probabilità di “non-apprendere” l’associazione tra stimoli nocivi e la risposta fisiologica (o lotta/fuga). Tuttavia, questo è un esperimento scientifico aiuta a supportare che:

  • Questi sintomi misofonici sono veramente causati da fenomeni fisiologici (ovvero, se si può vedere i sintomi della misofonia sui roditori che non “pensano” come noi, abbiamo più prove del fatto che questo non è un “problema psicologico”)
  • Se i “responder estremi” sono simili a quelli provati dai soggetti umani con misofonia e sono in grado di “disimparare” è altamente improbabile che operi una risposta associata tra stimoli e un evento, rispetto alla terapia semplice da esposizione.
  • Date queste informazioni, il riconsolidamento della memoria, sul quale si sta lavorando per le persone con fobie a nuove sperimentazioni, può essere un rimedio promettente per i sintomi della misofonia.

[I] Con la risposta fisiologica spesso ci riferiamo alla lotta/fuga che segue una particolare sequenza che include l’immobilità (che viene prima). Tuttavia, spesso ci si immobilizza così rapidamente che è impercettibile per l’occhio umano e / o non si è consapevoli di attraversare questa reazione.
[II] LeDoux (2015) Anxious: Using the Brain to Understand and Treat Fear and Anxiety. Penguin Random House. New York.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
Misophoniainternational

FONTE DELLE IMMAGINI:
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di Monia De Tommaso

Perché lo stress peggiora la vostra misofonia

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Diciamolo chiaramente, lo stress rende tutto peggiore, ma soprattutto può incrementare notevolmente la gravità delle reazioni misofoniche.
Dunque, perché la misofonia sembra peggiorare molto quando ci si sente stressati?
Quando ci si sente rilassati si ha più tempo e chiarezza mentale per reagire ad essa.
È come se si avesse più tempo per lasciare la stanza … di trovare un modo per bloccare il rumore … o passare a fare qualcos’altro. Più lucidità per razionalizzare e pensare alle diverse opzioni (o  … vie di fuga!)
Ma quando si è già al limite il corpo entra in modalità di allarme rosso e non si ha questo lusso.

Ciò è aggravato dal fatto che ci si sente bloccati in un elevato stato di consapevolezza sensoriale e si inizia a notare tutto intorno a sé. Questo può essere utile se si è in una situazione di alta pressione e si ha la necessità di reagire in fretta alle situazioni… ma non è così facile se si è misofonici e si è già super-sensibili a certi rumori, suoni o movimenti.
Improvvisamente, praticamente, ogni rumore umano ripetitivo diventa un fattore di innesco, e tutto una distrazione.

Noi peggioriamo ulteriormente lo stress anche sollecitandolo inconsciamente con le preoccupandoci degli inneschi misofonici che non si sono ancora verificati!

Un tipo di stress preventivo, generato nella parte posteriore della propria mente dove si è preoccupati di non essere in grado di completare ciò che si sta facendo perché qualcuno o qualcosa si potrebbe scatenare in qualsiasi momento.
Si è effettivamente in iper allerta e iper ascolto dell’ambiente esterno alla ricerca di fattori di innesco.
È un po’ come quando si guarda un film spaventoso e si sta solo aspettando il coltello che brandisce psicopatico una volta saltato fuori dal guardaroba. Si è costantemente sulle spine.

Quando tutto questo accade, si è meno in grado di far fronte agli eventi e a ciò che ci circonda, perché così come lo stress principale, ci si sta anche anticipatamente preoccupando, a livello subconscio, da dove il prossimo innesco misofonico sta per arrivare.

Il suono di innesco spesso può essere come la goccia che fa traboccare il vaso e, quando si verifica, è semplicemente troppo e può mandare in crisi.

I meccanismi di difesa che spesso si sviluppano, sono per allontanarsi dalla situazione ritenuta insopportabile, anche per un breve periodo di tempo, e per concentrarsi interamente su qualcos’altro.

Se si ha molto da fare e si è sotto pressione per le scadenze lavorative, ci si assicura di poter lavorare da casa. Nessun suono o distrazioni. Se ci si trova in una situazione dalla quale non si può sfuggire, allora si va fuori per circa 15 minuti, magari in uno spazio verde, per svagarsi e rilasciare alcune endorfine.

Avete trovato che lo stress peggiori la vostra misofonia? E cosa fate per farvi fronte?

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
Allergic to sound

FONTE DELL’IMMAGINE:
la rete

di Monia De Tommaso

Il trattamento della misofonia e la necessità di etica e regole

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Il trattamento della misofonia e la monetizzazione sulla condizione misofonica è una questione complessa e impegnativa.

Noi tutti vogliamo trovare qualcosa di veramente che efficace per alleviare le sofferenze e l’ansia provati dai  pazienti misofonici. Non importa cosa si scopra, o addirittura, se si cerchi di trarre profitto da queste ricerche. L’obiettivo è portare sollievo ai pazienti.

La sfida è questa …

Dove possiamo tracciare la linea di demarcazione tra ciò che sappiamo che può avere un impatto positivo (e dovrebbe essere pubblicizzato come tale) e cosa non lo ha?

Come possiamo garantire alle persone di restare al sicuro e ottenere l’accesso alle informazioni giuste?

Questo articolo del Huffington Post di Shaylynn Hayes, solleva alcune questioni veramente importanti sulla misofonia internazionale. Come possiamo impedire che le persone vulnerabili siano sfruttate economicamente (o peggio) per mano di trattamenti non verificati, non provati?

In questo momento il mercato è invaso da trattamenti sedicenti che si dicono efficaci sulla misofonia.

È come se là fuori si vivesse il selvaggio west mentre lo sceriffo è sicuramente in vacanza.

Non ci sono prove certe per verificare in modo indipendente il lavoro di questi “trattamenti sulla misofonia” tuttavia in rete troviamo numerose affermazioni audaci su di essi.

Secondo noi, dobbiamo disegnare un tracciato di dati. Dati verificabili.

Proviamo cose diverse, un sacco di cose diverse. Prendiamo tutte le ricerche e le conoscenze attualmente presenti e cerchiamo di trovare dei modi per aiutare chi soffre di misofonia. Poi cerchiamo di invitare le persone su a fare prove e registrarne i risultati.

Ma abbiamo bisogno di avere un codice etico per avere questo diritto.

In pratica, il medico al quale ci affidiamo dovrebbe avere in mente uno schema come questo:

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Vi è un chiaro problema etico quando gli individui iniziano a far pagare le persone per trattamenti non regolamentati, non verificati.

Questo problema è aggravato ulteriormente se la commercializzazione non rende abbondantemente chiaro che questi trattamenti non sono stati provati e, come tali, possono a) non avere alcun visibile vantaggio b) potrebbero causare un danno o disagio del paziente.

Questo non è qualcosa sul possiamo permetterci di sorvolare.
Non importa quanto la persona o le persone che offrono il servizio siano benintenzionate o stimabili; non appena il denaro cambia di mano per il trattamento, vi è un conflitto di interessi immediato.

1. Il benessere del paziente
2. L’incentivo finanziario

incentivo finanziario crea automaticamente un pregiudizio, che sia subconscio o meno, e in assenza di prove verificabili il trattamento funziona prima di ogni altra cosa, e questo è inaccettabile.

È inaccettabile perché il paziente non ha alcun modo di sapere se stanno comprando da qualcuno che è interessato a fare soldi …. o da un individuo che crede realmente nel loro trattamento sulla misofonia … o una combinazione dei due. In ogni scenario il risultato per il paziente è potenzialmente la stesso.

Senza test indipendenti tutte le informazioni presentate per il paziente sono tanto incomplete quanto contaminate.

Ecco cosa suggeriamo di fare:

  1. Svolgere studi indipendenti sui trattamenti della misofonia

    Se abbiamo un trattamento della misofonia che desideriamo condividere con gli altri e forse anche trasformare in un business legittimo, allora va bene! Prendiamo trattamenti che pretendono di avere risultati positivi e proviamoli in modo indipendente.

  2. Pubblicare e condividere i risultati (buoni e cattivi)

    Se le prove indipendenti mostrano un risultato positivo per una percentuale significativa di misofonici, grande! Condividiamo i risultati, conduciamo ulteriori ricerche per rendere ancora migliori le nostre teorie. Non ha funzionato? Ancora grande! Una parte enorme della ricerca sui trattamenti in via di sviluppo si fonda sulla conoscenza di cosa non funziona e nella comprensione del perché. Si tratta in ogni modo di dati importantissimi.

  3. Lavorare insieme per promuovere ulteriori ricerche sulla misofonia e la sua comprensione e aiutare le persone a fare scelte consapevoli sui possibili trattamenti.

    Che tu sia un neurofarmacologo, un terapeuta cognitivo comportamentale, uno psicologo, un creatore di app, un audiologo, un ricercatore, uno studente, uno scrittore, un genitore, una figlia, un figlio: tutti sono i benvenuti durante questo viaggio. Cerchiamo di capirlo insieme.

    Abbiamo bisogno di verificare più di una realtà qui …

    Come operatori sanitari, avvocati, giornalisti, ricercatori, scrittori e persone che offrono il trattamento, abbiamo un dovere di diligenza per mettere fuori informazioni oneste che siano il più d’aiuto possibile. In questo momento, là fuori, c’è veramente molta disinformazione sulla misofonia. Come custodi di quelle poche informazioni che ci sono, abbiamo l’opportunità di promuovere una cultura che protegge il vulnerabile e i valori etici, l’integrità e l’interesse dei misofonici.

    Prendiamo i dati attuali verificati e assicuriamoci di non spingere verso un trattamento potenzialmente pericoloso. Ricordiamo che non stiamo parlando solo di adulti (che forse hanno più consapevolezza del disturbo), ma che sono coinvolti anche i bambini.

    E come chi soffre misofonia, abbiamo anche il dovere della diligenza. Abbiamo bisogno di mantenere buon senso e diffidare dei rimedi disperati e rapidi. Sì, questa è una condizione disperata, ma dilettarsi in applicazioni non provate, o ingoiare ciecamente pillole prescritte per altre condizioni, non porta progressi, ma va a mettere solo soldi nelle mani di profittatori che potranno usarlo per diffondere disinformazione e danneggiare, in futuro, le persone più vulnerabili.

    Ci sono alcune persone incredibili che combattono questa causa e abbiamo bisogno di unire le nostre risorse. Ci sentiamo onorati di poter lavorare per diffondere più informazioni possibili su questa condizione e garantire più ricerca in questo campo. Grazie a tutti coloro che ci sostengono e lottano ogni giorno per trovare una soluzione al problema.

    Teniamo duro e continuiamo la ricerca.

Che cosa è la scansione fMRI e come ci può aiutare a capire la misofonia?

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Probabilmente avrete sentito parlare della risonanza magnetica.

La Risonanza Magnetica (MRI) è una tecnica che utilizza campi magnetici e onde radio per costruire un quadro di quello che sta succedendo all’interno del nostro corpo. In genere queste scansioni vengono utilizzate per aiutare i medici a comprendere le diagnosi sulle lesioni o le condizioni che riguardano la colonna vertebrale, le articolazioni e il cervello.

La fMRI, o la risonanza magnetica, consente in realtà di misurare l’attività del cervello rilevando cambiamenti nel flusso sanguigno legati alla attività neurale.

In termini semplici, questo significa che possiamo vedere, nel dettaglio, esattamente quali aree del cervello si attivano quando si eseguono compiti specifici come l’atto del linguaggio o della memoria.

Questo è un punto di svolta perché comincia a darci un quadro molto più chiaro di tutti i diversi processi cerebrali. Meglio ancora, per il paziente, non ci sono rischi connessi con le scansioni fMRI. Sono rapidi e indolore, il che rende più facile condurre prove.

Perché la fMRI è così importante per la ricerca sulla misofonia?

I disturbi cerebrali sono difficili da diagnosticare, e tanto meno spiegare. Se ci si taglia, un medico o un infermiere può vedere la ferita, disinfettarla e ricucirla. Se si dispone di una gamba rotta si possono fare i raggi X grazie ai quali un medico può individuare la frattura e guarirla.

Ma quando si tratta di disturbi neurologici è molto più difficile individuare che cosa sta succedendo. Possiamo vedere quello che il cervello sembra dall’esterno, ma fino a poco tempo fa (la fMRI è applicata solo da 20 anni) era molto più difficile per vedere cosa stesse succedendo all’interno del cervello di un paziente vivo; anche perché le regioni si attivano quando vediamo, sentiamo, odoriamo o tocchiamo, come per il processo della memoria,  quello che accade quando parliamo.

La fMRI ci dà un assaggio di quello che accade all’interno di questi processi e ci aiuta ad ottenere una migliore comprensione della vasta gamma di funzioni e processi cerebrali.

Ritornando di nuovo al tema di questo articolo, ci aiuta anche ad osservare i disturbi sensoriali come i Disturbi di Elaborazione Sensoriale (Sensory Processing Disorder, o SPD) e la misofonia.

Ecco quello che abbiamo imparato già a conoscere della misofonia.

Quando abbiamo una risposta misofonica sappiamo esattamente quale regione del cervello è coinvolta e attivata.

L’area del cervello che è attiva è un’area chiamata amigdala, un gruppo di nuclei a forma di mandorla situati nel sistema limbico.

In termini evolutivi l’amigdala è una delle parti più antiche del cervello ed è coinvolta nel processo decisionale, la memoria e le emozioni. È anche responsabile per la risposta alle minacce e per la conseguente reazione fisiologica del corpo – ci si mette in modalità di difesa e si ha un’accelerazione della frequenza cardiaca.

Così i sensi (occhi, orecchie, naso e così via) raccolgono le informazioni e vengono elaborati dall’amigdala. Da studi della fMRI sappiamo che, in questa fase, nelle persone con misofonia (rispetto a un gruppo di controllo) i suoni specifici sono percepiti come minacce, motivo per cui ci si sente improvvisamente sopraffatti. Il proprio cuore inizia la corsa e il cervello va in modalità di allarme.

Il Dott. Sukhbinder Kumar dell’Istituto di Neuroscienze dell’Università di Newcastle, dell’University College di Londra, sta facendo un fantastico lavoro in questo settore e nel 2012 ha fatto uno studio il cui risultato

ha confermato che si presentava “qualcosa di molto primitivo e che contribuisce al problema … un possibile segnale di soccorso dall’amigdala alla corteccia uditiva“.

Già era noto uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscienc, e finanziato dal Wellcome Trust, nel quale scienziati dell’Università di Newcastle hanno rivelato l’interazione tra la regione del cervello che elabora il suono, la corteccia uditiva, e l’amigdala, che è attiva nel settore della trasformazione delle emozioni negative quando sentiamo suoni sgradevoli.

Tra le tecniche neuro radiologiche più recenti, il brain imaging ha dimostrato che quando si sente un rumore sgradevole l’amigdala modula la risposta dell’innalzamento dell’attività della corteccia uditiva  provocando la nostra reazione negativa.

I ricercatori del Wellcome Trust Centre per Neuroimaging a UCL e Newcastle University hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per esaminare in che modo il cervello di 13 volontari hanno risposto a una gamma di suoni. Ascoltando i rumori all’interno dello scanner hanno valutato i suoni dal più sgradevole – il suono di un coltello su una bottiglia – a quello che hanno trovato più gradevole – quello dell’ebollizione dell’acqua. I ricercatori sono stati quindi in grado di studiare la risposta del cervello ad ogni tipo di suono.

In particolare hanno trovato che l’attività dell’amigdala e della corteccia uditiva variano in relazione diretta con la valutazione di sgradevolezza percepita e manifestata dai soggetti. La parte emozionale del cervello, l’amigdala, in effetti si fa carico e modula l’attività della parte uditiva del cervello in modo che la nostra percezione di un suono altamente sgradevole, come un coltello su una bottiglia, sia maggiore rispetto a un suono ritenuto rilassante, come ad esempio quello dell’ebollizione dell’acqua.

L’analisi delle caratteristiche acustiche dei suoni ha dimostrato che nella gamma di frequenza da circa 2.000 a 5.000 Hz rientrano suoni che sono ritenuti sgradevoli. Dr Kumar spiega: “Questa è la gamma di frequenza in cui le nostre orecchie sono più sensibili. Anche se ci sono ancora molti dibattiti sul motivo per cui le nostre orecchie sono più sensibili a questa gamma di suoni, vengono inclusi suoni di urla che troviamo intrinsecamente sgradevoli“.

Scientificamente, una migliore comprensione della reazione del cervello al rumore potrebbe aiutare la nostra comprensione delle condizioni in cui si ha una tolleranza al suono diminuita come l’iperacusia, la misofonia.

Il professor Tim Griffiths dell’Università di Newcastle, che ha condotto lo studio, ha dichiarato: “Questo lavoro getta nuova luce sull’interazione tra l’amigdala e la corteccia uditiva. Questa potrebbe essere una nuova incursione nei disturbi emotivi e disturbi come gli acufeni e l’emicrania in cui ci sembra essere accresciuta la percezione degli aspetti sgradevoli dei suoni“.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
AllergictoSound
Eurekalert

FONTI DELLE IMMAGINI:
AllergictoSound

di Monia De Tommaso

Quando il suono diventa rumore

Cari lettori, oggi vi riportiamo un articolo della rivista online dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino che affronta la ricerca sulla natura del “rumore” e che potrebbe essere interessante per comprendere anche quella dei suoni a cui i misofonici sono sensibili.

Sukhbinder Kumar, neuroscienziato (http://www.ncl.ac.uk/ion/staff/profile/sukhbinder.kumar) afferma che le ragioni della avversione umana nei confronti di certi rumori andrebbero ricondotte a particolari circuiti neuronali che connettono la corteccia uditiva all’amigdala. Si tratta di rumori con frequenze comprese fra i 2000 e 5000 Hertz (Hz). Kumar e un gruppo di scienziati della Newcastle University si sono posti la domanda sul tipo di rumori che indurrebbe un “rigetto” immediato: ne è nato uno  studio pubblicato sul Journal of Neuroscience. La ricerca che è stata condotta su un gruppo di volontari che hanno “sperimentato” alcuni suoni più o meno fastidiosi. La classifica prevede che siano 1) coltello su una bottiglia 2) forchetta su vetro 3) gesso sulla lavagna 4) righello su una bottiglia 5) unghie sulla lavagna 6) urlo di una donna 7) una smerigliatrice angolare, 8) freni stridenti di una moto, 9) il pianto di un bambino e 10) un trapano elettrico. Gli studi di Kumar, secondo la notizia di Galileo, potrebbero fare luce sulle cause di alcuni disturbi (autismo, iperacusia e misofonia) e valutare possibili terapie. Sul sito dell’ Università inglese è possibile trovare una compilation dei primi 5 rumori più sgradevoli per il cervello umano. Leggi qui: http://www.jneurosci.org/content/32/41/14184.full

(Fonte: http://www.galileonet.it/articles/507d0e18a5717a255a000001)

FONTE DELL’IMMAGINE:
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di Monia De Tommaso

Panoramica delle emozioni – Parte III

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CAPITOLO 11 – Panoramica delle emozioni – Parte III

Le emozioni che nascono da un fattore scatenante sono veloci, furiose, intense e potenti. Ma la rabbia non porta a picchiare cani, rompere tastiere di computer o fracassare stereo. Invece, la gente fugge. Che cosa può causare tale furia senza combattere?

Una premessa fondamentale di fondo è che la rabbia senza aggressività palese si pone come una funzione di dolore affettivo. Si teorizza che i fattori di innesco causano dolore di tipo affettivo, non a livello dei sensi,   ed è il dolore che permette al cervello di riconoscere e valutare i fattori scatenanti come pericolosi e minacciosi.

La teoria del dolore conduce ad una domanda interessante: se il fattore di innesco crea dolore affettivo e quindi la sofferenza, perché non c’è la paura della fonte dell’innesco? Per esempio, se si trova insopportabile lo schiarirsi della gola del proprio fratello, perché non si ha paura del proprio fratello? Se lo schiarirsi della sua gola vi causa sofferenza e dolore e la vostra rabbia è rivolta a vostro fratello, perché non agite fisicamente e apertamente in modo aggressivo nei suoi confronti?

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La risposta potrebbe essere che i circuiti che stimolano la paura e l’aggressività non sono stimolati dalla  “Rabbia per il suono”, mentre i circuiti che producono la rabbia sono stimolati.
Si potrebbe anche sostenere che il cervello cosciente ha separato, a un certo livello, la fonte del fattore di innesco (e successivo dolore) e l’innesco (dolore). Il fattore scatenante causa il dolore; il fratello è solo il messaggero. Danneggiare fisicamente o aggredire verbalmente la fonte dell’innesco non altera o attenua il dolore che il fattore scatenante provoca.

Clicca qui per leggere la seconda parte di questo capitolo.

FONTE DELLE INFORMAZIONI:
Sound-Rage: A Primer of the Neurobiology and Psychology of a Little Known Anger Disorder

FONTE DELL’IMMAGINE:
IranDaily

di Monia De Tommaso