Intervista al dott. Massimo Pezzolato

invervista al dottor massimo pezzolato sulla misofonia

Tempo fa, uno studente di psicologia ci ha chiesto il permesso di proporre un sondaggio ai nostri iscritti misofonici con lo scopo di poter svolgere i suoi studi sulla misofonia e quindi scrivere la sua tesi. Come potete immaginare, i volontari sono stati numerosi e hanno collaborato alla ricerca.

Non potevamo che provare a metterci in contatto con lui e a rivolgergli le domande che, secondo un sondaggio svolto sul nostro gruppo Facebook, avreste posto con più urgenza ad uno specialista nel settore.
Il dottore si è mostrato disponibile a rispondere alle nostre domande e lo ringraziamo ancora della sua collaborazione e del tempo dedicatoci.

Veniamo ora all’intervista.

Io e molti misofonici del nostro gruppo Facebook le siamo grati per come li ha resi partecipi ai suoi studi sulla misofonia. Le vorrei chiedere di spiegarcela (quali erano i suoi obiettivi, quali sono state le sue ricerche e statistiche e quali sono state le sue conclusioni finali, ecc.) nel modo più semplice possibile, di modo da poter essere accessibile a tutti. Con quali metodiche mediche crede che si possa trattare la misofonia?

Grazie a tutti voi per il sincero interesse e la disponibilità che mi avete dimostrato.

La ricerca sulla misofonia a cui molti di voi hanno partecipato è la parte centrale della tesi per la mia laurea magistrale in psicologia. L’argomento mi è stato proposto dalla mia relatrice, la prof.ssa Giuliana Lucci, e io, dopo qualche preliminare ricerca su internet, ho accettato con entusiasmo.

La misofonia è una condizione che, nelle sue forme più gravi, può diventare estremamente invalidante e compromettere pesantemente la qualità di vita delle persone che ne soffrono; i dati che abbiamo finora a disposizione sembrerebbero indicarne un’incidenza abbastanza elevata, ma è solo negli ultimi anni che la comunità scientifica sta iniziando ad interessarsi ad essa e a studiarne le caratteristiche cliniche così come i possibili trattamenti.

Ad oggi non esistono criteri condivisi per la diagnosi di questa condizione, non esistono trattamenti di comprovata efficacia che ne permettano la guarigione, e quei trattamenti che invece sembrerebbero ridurne significativamente la sintomatologia necessitano di ulteriori sperimentazioni e convalidazioni da parte della comunità scientifica.

Proprio per queste ragioni credo sia di fondamentale importanza, nella ricerca sulla misofonia, indirizzare i propri sforzi al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

-sviluppare interventi efficaci nel trattamento della misofonia, flessibili e quindi adattabili alle caratteristiche dell’individuo e allo stesso tempo convalidati da ricerche rigorose effettuate su campioni sufficientemente ampi;

-gettare luce sull’eziologia di questa condizione, in modo da comprenderne meglio i meccanismi ed, eventualmente, prevenirne l’insorgenza;

-delineare una serie di criteri diagnostici condivisi dalla comunità scientifica di modo da poter inserire la misofonia nelle prossime edizioni dei manuali diagnostici maggiormente utilizzati.

Il lavoro di ricerca che costituisce il nucleo centrale di questa tesi è stato progettato concentrandosi sul primo di questi tre fondamentali obiettivi.

Essendo la misofonia caratterizzata da intense reazioni emotive (spesso rabbia, ma anche ansia, fastidio e indignazione), abbiamo pensato che la mindfulness e le terapie che vi si ispirano si sarebbero potute dimostrare efficaci nel trattamento di questa condizione, e che se non altro avrebbero potuto aiutare i pazienti misofonici a meglio convivere con la loro condizione invalidante.

Il termine “mindfulness” può riferirsi ad un ampio ventaglio di significati: un insieme di tecniche meditative di derivazione buddista, uno stato mentale da coltivare, un tratto di personalità più o meno pronunciato o uno stile di vita improntato alla ricerca spirituale. Qui parlo di mindfulness facendo riferimento direttamente a quegli approcci terapeutici in cui l’insegnamento e la pratica di tecniche meditative hanno un ruolo centrale, e in cui viene data particolare importanza all’osservazione equanime della propria esperienza presente e alla sua accettazione, per quanto questa possa apparire talvolta inaccettabile. L’accettazione a cui mi riferisco non è una passiva rassegnazione, è piuttosto lo sviluppo di una predisposizione a vedere le cose così come sono, senza sprecare inutilmente le proprie energie nel diniego e nella resistenza, realizzando che paradossalmente è proprio questo il primo passo nella direzione di un concreto cambiamento.

La chiave dell’efficacia dei protocolli terapeutici che si ispirano alle pratiche ed ai principi della mindfulness (che già si stanno dimostrando efficaci nella cura di numerose patologie, come i disturbi d’ansia, dell’umore, dell’alimentazione e le dipendenze), sta proprio nella possibilità di poter imparare una nuova modalità con cui approcciarsi anche alle situazioni più spiacevoli, della nostra vita, assumendo un punto di vista equanime, imparziale, votato all’accettazione invece che al conflitto. Attraverso la mindfulness è possibile imparare a “vivere nel momento presente”, sviluppando qualità come la curiosità, l’apertura e l’accettazione, e allo stesso tempo indebolire la presa con cui spesso i nostri schemi mentali ci incatenano.

Per vedere se approcci di questo tipo potrebbero risultare efficaci nel trattamento della misofonia abbiamo pensato di iniziare col verificare se effettivamente ci fossero delle differenze nel tratto di personalità mindfulness tra i soggetti misofonici e quelli non misofonici. In altre parole volevamo vedere se e quanto chi soffre di misofonia si differenzia da chi non ne soffre per quanto riguarda, ad esempio, l’attitudine ad affrontare la vita con un atteggiamento non giudicante.

Per scoprirlo abbiamo proposto un questionario che ci ha permesso di quantificare e misurare vari tratti di personalità (tra cui appunto il tratto mindfulness), assieme alla gravità della sintomatologia misofonica. Abbiamo raccolto le risposte di 84 soggetti volontari e li abbiamo divisi in tre gruppi in base alla gravità della loro sintomatologia misofonica (subclinica, lieve-moderata e severa-grave). Dai risultati che abbiamo ottenuto sono emerse delle differenze significative nei punteggi ottenuti dai tre gruppi. In particolare abbiamo visto che con l’aumentare della gravità della sintomatologia misofonica aumenta anche la tendenza dei soggetti a giudicare i propri pensieri, sensazioni, emozioni, esperienze, e quindi ad attribuirvi un significato positivo o negativo. I soggetti misofonici hanno mostrato di avere anche una spiccata tendenza all’osservazione di ciò che li circonda così come dei propri stati interni. Questi risultati ci hanno permesso di concludere che un intervento basato sulla mindfulness possa essere una valida alternativa per il trattamento della misofonia, soprattutto se l’intervento venga focalizzato maggiormente sullo sviluppo di accettazione e di un attitudine non giudicante.

Mi auguro che questa lavoro possa fornire degli spunti importanti per una migliore comprensione di questa condizione, assieme ad indicazioni utili al prosieguo della ricerca sulla misofonia.

La mia attività di ricerca su questa condizione non finisce comunque qui, infatti sto continuando a raccogliere dati per poter rendere più solidi i risultati di cui vi ho parlato, così da poterli esporre attraverso un articolo scientifico. Sarebbe inoltre molto interessante testare direttamente l’efficacia di un protocollo terapeutico basato sulla mindfulness specificamente pensato per il trattamento della misofonia (nella mia tesi descrivo la possibile strutturazione di un simile intervento).

Con quali metodiche secondo lei sarebbe possibile trattare la misofonia?

In base ai risultati della mia ricerca sembrerebbe che gli approcci del filone della mindfulness potrebbero rivelarsi utili anche nel trattamento della misofonia. Ad oggi l’unico tentativo di questo genere che ho trovato in letteratura è quello di un caso clinico[1] in cui un ragazzo di 17 anni ottenne dei miglioramenti importanti con la sua sintomatologia misofonica dopo 10 sedute di una terapia basata sulla mindfulness e sull’accettazione specificatamente progettata per questa condizione. I miglioramenti del ragazzo sembrano essere stati duraturi, infatti la riduzione dei sintomi veniva confermata anche nel follow-up effettuato sei mesi dopo la fine del trattamento.

Risultati positivi sono stai ottenuti anche con altri tipi di terapie cognitivo-comportamentali.

Mentre lavoravo alla tesi ho anche avuto la fortuna di poter intervistare il dottor Vannetiello. Con lui ho fatto un’interessantissima chiacchierata sulla neurologia funzionale; sembrerebbe proprio che anche questo sia un approccio molto promettente nel trattamento della misofonia. So che una utente del gruppo facebook “Coscienza misofonica” ha fatto qualche sessione con lui con ottimi risultati.

Quali risultati crede che si possano raggiungere con le metodiche da lei indicate?

Le metodiche di cui vi ho parlato mirano più alla riduzione del danno che alla completa guarigione. Il caso clinico del ragazzo di 17 anni che ho citato prima sembrerebbe indicare che queste tecniche possono portare ad una notevole riduzione della sintomatologia e soprattutto dell’impatto negativo di questa sulla vita del paziente. Se è vero che non possiamo controllare 24 ore su 24 le persone che ci circondano e i rumori a cui siamo esposti, possiamo però imparare a gestire meglio il modo in cui li interpretiamo e quindi il modo in cui vi reagiamo. Sembrerebbe che spesso i misofonici interpretino in maniera negativa i suoni trigger; li vedono come una mancanza di rispetto nei loro confronti o come un segno di estrema maleducazione. Un’interpretazione di questo tipo amplifica quella che potrebbe essere una predisposizione fisiologica o una maggiore sensibilità innata. Questi giudizi o queste interpretazioni negative possono avvenire automaticamente, magari senza che ce ne rendiamo conto, ma coll’allenamento è possibile imparare a riconoscerli, ad anticiparli e magari a sostituirli con delle descrizioni oggettive dell’accaduto, più neutre, e meno disturbanti. Questo è solo un esempio delle strategie adottate nel lavoro condotto sul misofonico a cui ho accennato prima, non è un lavoro facile e richiede molto impegno, costanza e determinazione, oltre che l’appoggio e la guida di un professionista.

Come può, secondo lei, un misofonico cercare di migliorare la sua vita nel quotidiano?

Penso sia importante parlarne con chi ci sta accanto, cercare la loro comprensione, spiegare che cosa è la misofonia, chiedere quando è possibile di evitare di produrre i trigger.

E’ importante non demoralizzarsi e, qualora la gravità della situazione lo richieda, chiedere l’aiuto di un professionista.

Frequentare gruppi (anche virtuali, come nel caso di Coscienza misofonica) di persone accomunate dalla stessa condizione problematica può essere un aiuto importantissimo; in un gruppo del genere potete trovare sostegno, consigli, conforto nei momenti più difficili, spunti per migliorare il modo in cui affrontate la vostra sintomatologia.

Può essere utile iniziare a praticare quotidianamente la meditazione; su internet è possibile trovare tutte le istruzioni necessarie, con tanto di musiche di sottofondo e meditazioni guidate. Se imparate a raggiungere uno spazio di serenità e pace, inizialmente nella tranquillità e nel silenzio di casa, potrete piano piano imparare a riconnettervi a questo spazio con sempre maggiore facilità, anche in situazioni via via più impegnative, e, se vi applicherete con costanza e dedizione, magari un giorno vi accorgerete che quella stessa situazione che prima vi sarebbe sembrata insopportabile, ora vi scivola via senza neanche lasciare traccia.

Come intervenire sui bambini misofonici?

Non so rispondere a questa domanda, ma penso che, con i dovuti accorgimenti, le metodiche di cui vi ho parlato potrebbero essere applicate anche nel trattamento dei bambini misofonici.

Sa qualcosa in merito al riconoscimento della misofonia dal Ministero della Sanità?

Non ne sono al corrente. Mi auguro che la misofonia venga presto riconosciuta non solo dal Ministero della Sanità, ma anche nei manuali diagnostici psichiatrici su cui ancora non è possibile trovare questo disturbo.

[1] SCHNEIDER R.L., ARCH J.J., Case Study: A Novel Application of Mindfulness- and Acceptance-based Components to Treat Misophonia, in “Journal of Contextual Behavioral Science”, vol. 6, issue 2 (2017), 221-225;

Ringrazio ancora il dott. Pezzolato per la sua collaborazione e del tempo che ci ha dedicato.

 

FONTE DELL’IMMAGINE:
Freepik

di Monia De Tommaso

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