Dopo aver riportato la prima parte e la seconda parte di questo saggio di Arjan Schröder, Rosanne van Diepen, Ali Mazaheri, Diamantis Petropoulos-Petalas, Vicente Soto de Amesti, Nienke Vulink, e Damiaan Denys, proseguiamo con la seconda parte del loro studio sulla misofonia.
RISULTATI
Lo studio dei partecipanti
Grazie agli studi è emerso che non vi era alcuna differenza significativa di età tra il gruppo di pazienti e il gruppo di controllo. Inoltre, il rapporto tra maschi e femmine non era significativamente differente. Rispetto ai controlli, i pazienti misofonici hanno riportato uno stato emotivo di base significativamente più alto, misurato dal punteggio TMD sulla POMS.
Potenziali eventi-correlati
La maggioranza degli ERP sono evocati dai toni standard e toni anomali negli stessi elettrodi utilizzati per le analisi statistiche.
I toni anomali hanno suscitato una diminuzione di N1 nei pazienti misofonici
I toni anomali hanno evocato un componente più piccolo di N1 nei pazienti con misofonia rispetto al gruppo di controllo. Tuttavia, la latenza di picco dell’anomalia evocata da N1 non era differente tra i misofonici ed il gruppo di controllo sano. Non abbiamo trovato differenze nel P1, ampiezza media P2 o latenze di picco fra pazienti e i campioni sani. Inoltre non sono state trovate interazioni tra il gruppo e i toni anomali.
Un effetto principale di tono era presente per il P1, N1, e le ampiezze medie di P2. Il tono anomalo basso ha suscitato un P1 maggiore rispetto al tono anomalo alto. In contrasto, il tono anomalo più basso ha evocato un N1 inferiore rispetto al tono anomalo alto. Il P2 è stato più grande dopo la presentazione del tono anomalo più basso rispetto al tono anomalo alto.
Infine, la latenza di picco della risposta N1 è diversa per i due toni anomali, tale che il tono alto ha mostrato un picco precedente rispetto al tono basso.
Toni standard hanno suscitato una risposta uditiva simile evocata per i pazienti e il campione sano.
Non abbiamo trovato differenze di ampiezza media e di latenza del picco di P1, N1, o risposte P2 indotte da stimoli standard tra il gruppo di misofonici e di persone sane.

DISCUSSIONE
Abbiamo trovato che l’ampiezza media dell’N1 uditivo era significativamente ridotta nei pazienti misofonici rispetto al campione sano. Questa attenuazione suggerisce un deficit di elaborazione delle informazioni uditive a un basso livello nei pazienti con misofonia.
Una possibile spiegazione del più piccolo picco N1 nei pazienti misofonici, nel nostro studio, potrebbe essere la differenza nelle caratteristiche cliniche dei due gruppi. La differenza più significativa è stata il punteggio TMD sulla POMS. I pazienti misofonici avevano un TMD significativamente superiore rispetto a quelli sani. Un aumento di TMD, nei pazienti con misofonia, potrebbe riflettere uno stato di ipervigilanza generale. A causa di quest’ipervigilanza o irritabilità generale, i pazienti misofonici potrebbero non aver partecipato ai suoni tanto quanto i tester sani. Il legame tra ipereccitazione generale e misofonia è stato discusso da Edelstein, che ha trovato una significativamente più alta risposta di conduttanza cutanea nel gruppo di misofonici scatenata da vari stimoli avversi visivi e uditivi. Sia i pazienti misofonici che i tester sani hanno provato stimoli simili, repulsivi e non, ma su un piano diverso. Essi pertanto hanno aumentato la possibilità che i pazienti misofonici siano solo alla fine della distribuzione. Un’altra spiegazione potrebbe essere che la differenza nel picco di ampiezza N1 tra il gruppo di misofonici e il gruppo di tester sani sia dovuta ad altra comorbidità psichiatrica o all’uso di farmaci psicotropi. Tuttavia, riteniamo che sia molto improbabile che queste differenze possano essere spiegate dalla comorbilità, perché nel gruppo di misofonici solo un paziente ha avuto una comorbidità psichiatrica corrente, che era il disordine da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).

Tuttavia, sulle risposte N1 in pazienti con misofonia, non può essere totalmente escluso l’effetto confondente degli psicotropici, in particolare degli antidepressivi. Ad ogni modo, la ricerca indaga sui precedenti effetti del farmaco sull’N1 indicando che questo è improbabile.
Noi concediamo che i nostri risultati attuali possano non essere facilmente collegati a due questioni fondamentali sottostanti la sintomatologia della misofonia: prima di tutto, perché sono i suoni umani – e non inanimati, cioè, suoni ambientali – evocano i sintomi misofonici? E in secondo luogo, perché questi suoni innescano aggressione? Noi ipotizziamo che il primo problema possa essere correlato all’esistenza di due sistemi neurali separati per l’elaborazione di suoni umani e non umani. Forse, nella misofonia, è interessata solo l’elaborazione del suono umana. Questo, tuttavia, non spiega pienamente lo stimolo descritto da alcuni pazienti misofonici causato dai suoni inanimati – ambientali – o perché abbiamo osservato un N1 inferiore. La seconda domanda potrebbe essere compresa attraverso la letteratura sul disturbo di personalità ossessivo-compulsivo (OCPD). L’OCPD ha un tasso molto alto di comorbidità nei pazienti con misofonia, del 52,4%. I sintomi principali dell’OCPD includono rigidità cognitiva e alti livelli di moralismo, che può scaturire dal comportamento di altre persone.
La violazione delle norme sociali – sia intenzionali e non – è stata associata all’attivazione della corteccia orbitofrontale (OFC) sinistra. Pertanto, potrebbe esistere la partecipazione dell’OFC nell’insorgenza dei sintomi misofonici. Questo potrebbe quindi spiegare, anche in parte, le differenze descritte da alcuni pazienti misofonici tra le loro reazioni aggressive ai suoni, ad esempio, bambini o anziani dementi, nei quali di solito non si innesca molta aggressività. La differenza potrebbe risiedere nel livello con il quale i pazienti misofonici valutano la responsabilità e la volontarietà attribuite alla sorgente sonora.
CONCLUSIONE
Questo è il primo studio che ha valutato i meccanismi neurobiologici sottostanti la misofonia. Abbiamo scoperto che è possibile distinguere i pazienti misofonici dai tester sani utilizzando un semplice paradigma uditivo anormale. Concludiamo che una risposta N1 più bassa del normale potrebbe essere un marcatore neurofisiologico per la misofonia. Tuttavia, resta ancora da indagare se questa diminuzione di N1 è una caratteristica di psicopatologia psichiatrica generale o una caratteristica distintiva per la misofonia. Inoltre, non è chiaro se il disavanzo sottostante nella misofonia sia dovuta alla percezione uditiva alterata, a un trattamento inadeguato di stimoli uditivi, o a un più alto ordine di disfunzione del controllo corticale relativo alla impulsività. Pertanto, riteniamo che ulteriori ricerche dovrebbero mirare a delineare la misofonia da altri disturbi psichiatrici e chiarire le interazioni neurali direttamente correlate con la sintomatologia della misofonia.
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FONTE DELLE INFORMAZIONI:
NCBI
FONTE DELLE IMMAGINI:
Allergic to Sound, Misofonia.com
di Monia De Tommaso