Cari lettori, oggi vi proponiamo la prima parte di una pubblicazione scientifica del 2010 realizzata da Zamzil Amin Asha’ari, Nora Mat Zain, e Ailin Razali e volta a distinguere l’iperacusia dalla fonofobia e una loro relazione con la misofonia. Il titolo di tale ricercha è Fonofobia e Iperacusia: punti pratici da un caso clinico. Il sito in cui abbiamo trovato questa pubblicazione, tradotta appositamente per voi, è quello della National Library of Medicine del National Institutes of Health. Alla fine dell’articolo troverete il link della pagina dove potrete trovare la versione originale (in lingua inglese) dell’articolo. Buona lettura.
RIASSUNTO
La fonofobia e l’iperacusia sono due sintomi separati ma strettamente connessi che vengono spesso erroneamente classificati nella pratica clinica come la stessa entità. Qui vi presentiamo un caso clinico per evidenziare le caratteristiche distintive di entrambi e discutere i passi di gestione in queste condizioni. È di vitale importanza che i medici riconoscano l’iperacusia e la fonofobia come entità differenti affinché possano gestirle con successo.
INTRODUZIONE
La fonofobia è definita come una paura persistente, anormale e ingiustificata nei confronti di un suono. Spesso, questi sono i suoni ambientali normali (ad esempio, il traffico, suoni in cucina, porte che si chiudono, o anche di una voce alta) che non possono in nessun caso essere dannosi. La fonofobia può anche essere collegata, o confusa, con l’iperacusia, che è un’anormale forte reazione al suono, che si verifica all’interno delle vie uditive, a livelli che non preoccuperebbe una persona normale.
CASO CLINICO
Una ragazza di 12 anni si è rivolta ala clinica di Orecchio, Naso e Gola (ENT) riportando acute, elettrizzanti, intensificate sensazioni di rumore in entrambe le orecchie nel momento in cui sentiva rumori forti e improvvisi. Il sintomo è iniziato dopo l’esposizione ad un suono forte improvviso di petardi in una celebrazione del Capodanno cinese svoltosi pochi mesi prima i primi sintomi. Da allora, la ragazza ha iniziato sentire suoni anormalmente intensificati, seguiti da rumori sgradevoli e da un ronzio, ogni volta che era esposta a suoni dalla normale intensità. Ad esempio, il suono di palloncini scoppiati, e il fruscio di un sacchetto di plastica erano quasi insopportabili per lei, al punto in cui da sviluppare palpitazioni, brividi, sudorazione eccessiva e pianto. Ha negato altri sintomi otologici e prima non è mai stata operata all’orecchio. La sua condizione è peggiorata progressivamente tanto che lei voleva solo trascorrere il suo tempo in una stanza tranquilla e non era più partecipe alle sociali a scuola. I suoi genitori hanno negato che lei ha vissuto tutte le comorbilità psichiatriche, e lei era evolutivamente normale fino a questo evento. È stato molto difficile ottenere una storia completa della ragazza in difficoltà, così si è proceduto con le indagini per escludere le cause dell’iperacusia. Un accurato esame clinico otorinolaringoiatra (ORL), comprese valutazioni otologiche e neurologiche, hanno mostrato risultati normali. Successivamente è stata sottoposta a test audiologici che comprendevano l’audiometria tonale, la stapedectomia e i potenziali uditivi evocati, che non hanno mostrato alcuna anomalia. La risonanza magnetica (MRI) del cranio non ha rivelato lesioni nel cervello il percorso uditivo. È stato poi fatto riferimento a uno psichiatra che più tardi, dopo una valutazione psichiatrica approfondita, ha diagnosticato la ragazza con fonofobia in base ai criteri del DSM-IV per la fobia specifica. La ragazza aveva due sedute settimanali di terapia che comprendeva la psico-educazione per i genitori e il paziente, esercizi di rilassamento e la terapia comportamentale con esposizione al fattore scatenante classificato. La psico-educazione permette al paziente di allontanare i suoi problemi, ai genitori di far fronte con rabbia e frustrazione e successivamente partecipare con interventi al comportamento della bambina. Sono adoperate anche tecniche di rilassamento e gli esercizi di respirazione e rilassamento muscolare progressivo. La desensibilizzazione graduata all’esposizione è iniziata con uno stimolo minimo provocato in un primo momento, ad esempio disegnando un palloncino sorridente per poi disegnare un palloncino che scoppia. Dopo che la bambina ha iniziato a stare bene con questo stimolo, esso è stato aumentato fino a far scoppiare palloncini gonfiati nella clinica e a casa con i genitori presenti in qualità di co-terapeuti. Ogni sessione di successo è stata ricompensata di conseguenza. La ragazza ha mostrato grande miglioramento dei suoi sintomi dopo 3 mesi di terapia. A poco a poco, è stata portata in luoghi pubblici (ad esempio, un ristorante) e, infine, è stata portata di nuovo a guardare uno spettacolo di fuochi d’artificio, senza complicazioni derivanti dopo 6 mesi di terapia.
FONTE DELLE INFORMAZIONI:
NCBI
FONTI DELLE IMMAGINI:
ilPost, IstitutodiPsicosomaticaIntegrata, Misofonia.com